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Il “militante sogno” dei primi voli. Aeroplani e letteratura in Italia 1905-1915 di Paolo Giovannetti pubblicato su Italia Contemporanea n. 225 , dicembre 2001

L’aeronautica moderna ("il più pesante dell’aria") trova una precoce e ricca ospitalità nella letteratura italiana del primo Novecento. Nel decennio che dalle rappresentazioni pionieristiche arriva fino alla prima guerra mondiale, l’aeroplano costituisce un oggetto artistico fortemente ambiguo. Realizzazione d’un sogno senza tempo, ma anche — più precisamente — traduzione pratica d’un mito romantico, viene subito adottato, assieme all’automobile, come emblema del futurismo che "uccide il chiaro di luna" ottocentesco. E ancora: sintesi icaria dell’individualismo anarchico, l’aeroplano in D’Annunzio si trasforma in "congegno dedàleo", trionfo d’una tecnologia alla ricerca di nuove armi; prodotto letterario, tutto cartaceo, reso immortale dai codici leonardeschi e perciò sottoposto a un culto erudito e antiquario, è posto al centro di eventi che oggi diremmo mediatici, in grado di assecondare ed eccitare una curiosità di massa. E così via. L’aeroplano letterario si colloca alla convergenza di molteplici e vitalissime tensioni, tuttavia accomunante da una passione artistica che presto si trasforma in ideologia (e addirittura, come avviene in certe pagine del futurismo, finisce per cancellare l’argomento primario della propria rappresentazione). Marginale, ma tanto più sintomatica, sarà dunque la posizione degli scrittori italiani — Carlo Michelstaedter e Gian Pietro Lucini, in particolare — che a quell’infatuazione si oppongono, anche se (è il caso di Lucini) non senza fraintendimenti e contraddizioni.


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