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I reduci risorgimentali veneti e friulani di Marco Fincardi pubblicato su Italia Contemporanea n. 222 , marzo 2001

Teatro di numerose battaglie contro l’esercito asburgico e con un consistente contingente di esuli politici, il Veneto – con aggregata la provincia friulana di Udine – è stato tra le ultime regioni dove il processo di risorgimentale è giunto a conclusione. Subito dopo il plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia, la classe dirigente regionale si è contraddistinta per un culto particolarmente intenso della memoria del Risorgimento, sia con la promozione e la gestione della Società di Solferino e S. Martino, con sede a Padova, sia con la collocazione di cippi, lapidi e ossari nei luoghi dov’erano avvenute battaglie e sollevazioni popolari antiaustriache. A celebrare il trascorso ventennio di mobilitazioni per l’unificazione nazionale non sono stati solamente notabili liberali, ma in primo luogo le associazioni di mutuo soccorso dei combattenti e dei perseguitati, sempre alla guida delle cerimonie patriottiche. Di particolare prestigio godevano i sodalizi di veterani della rivoluzione del 1848 e della resistenza di Venezia all’assedio di Radetzky nel 1849, attenti a distinguersi come generazione, rispetto ai combattenti delle successive guerre, dal 1859 al 1870. Talvolta questi circuiti associativi si caratterizzavano per una dominanza paternalistica dell’elemento notabilare moderato, specialmente tra i veterani del 1848-1849; in tal caso, come accadeva a Padova, tendevano a isolarsi come clientele locali. Altre volte divenivano invece un importante veicolo di politicizzazione, intensificando relazioni solidaristiche con altre forme di associazionismo popolare e costruendo collegamenti con altre associazioni di reduci, a livello regionale e nazionale, orientandosi in senso democratico. Tutte hanno percorso le associazioni di ex militari, che dal secolo successivo hanno goduto di ampia fortuna nel Veneto e in genere nell’area subalpina.


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