Abstracts della rivista
Il controspionaggio di Antonio Fiori pubblicato su Italia Contemporanea n. 247 , giugno 2007
Allo scoppio della prima guerra mondiale, mentre la Gran Bretagna poteva vantare un efficiente servizio di spionaggio e di controspionaggio dipendente dall’autorità politica, l’Intelligence Service, creato nel 1908 in previsione di un conflitto con la Germania, e la Francia disponeva del Deuxième Bureau, dipendente dal ministro della Guerra, l’Italia non aveva un analogo servizio "civile". Era l’Ufficio riservato della Direzione generale della pubblica sicurezza a svolgere, assieme a tanti altri, i compiti di spionaggio e di controspionaggio, considerati forse non prioritari. Nel periodo della neutralità l’Italia divenne il "crocevia" più importante dello spionaggio europeo – solamente dopo il 24 maggio 1915 questo "primato" passò alla Svizzera –, ma la risposta delle autorità di pubblica sicurezza fu inadeguata per la grave insufficienza dei fondi a disposizione, per la penuria di agenti specializzati nell’intelligence, per la mancanza di un vero coordinamento centrale, e spesso si limitò ad assecondare le richieste del presidente del Consiglio e delle autorità militari. Dopo l’entrata in guerra e gli impressionanti "incidenti" e sabotaggi che colpirono navi e industrie italiane, mentre si sviluppava il sospetto indiscriminato contro gli stranieri e contro gli italiani "neutralisti" e "disfattisti", alimentato dai più accesi gruppi interventisti, maturò l’esigenza della creazione di un "moderno" ufficio, dipendente dal ministro dell’Interno, con l’esclusivo compito dello spionaggio e del controspionaggio. La questione fu risolta solamente alcuni mesi dopo l’insediamento del governo di unità nazionale presieduto da Boselli, che pose come programma prioritario l’adesione alla guerra "totale".