Abstracts della rivista
Crimini di guerra in Giappone e in Italia. Un approccio comparato di Ken Ishida pubblicato su Italia Contemporanea n. 251 , giugno 2008
Il saggio analizza la questione dei crimini di guerra compiuti dall’Italia e dal Giappone attraverso un approccio comparativo incentrato su tre fondamentali punti di osservazione. Il primo è la prospettiva di lungo periodo: Italia e Giappone, ultime arrivate tra le potenze imperialiste, sin dall’inizio del XX secolo, per annientare le resistenze locali e giungere a controllare rapidamente le loro colonie oltremare, non si peritarono di ricorrere a metodi simili, di un’efferatezza che raggiunse il massimo quando l’aspirazione del Giappone di avere la meglio rispetto alla supremazia bianca e l’affermazione dell’Italia di avere diritti uguali a quelli delle altre potenze imperiali ne accrebbero, nel corso degli anni trenta, l’aggressività. Il secondo riguarda il modo con cui gli intellettuali di entrambi i paesi, in quegli anni e anche durante la seconda guerra mondiale, si atteggiarono rispetto alle conseguenze dolorose sulle popolazioni locali delle guerre nelle colonie. Il disinteresse e l’ignoranza contraddistinsero in Italia persino quelli che si erano ricreduti sul fascismo durante la guerra di Spagna, mentre in Giappone, ancora nel dopoguerra, le posizioni anticolonialiste erano in minoranza. Il postulato della "superiorità sulle colonie" dominava la percezione degli intellettuali e quella delle popolazioni. Nel dopoguerra, molti italiani, convinti di essersi liberati da soli dal fascismo, dimenticarono con gran facilità quanto essi stessi avevano fatto contro altri popoli, mentre la consapevolezza (acutizzata dall’esperienza del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki) del popolo giapponese di essere lui stesso "vittima della guerra" spesso dominò il discorso postbellico. Il terzo, infine, concerne il fatto che nel secondo dopoguerra, sia in Italia che in Giappone i responsabili di crimini di guerra, sostanzialmente, non vennero perseguiti né si effettuarono epurazioni significative. L’autore esamina le ragioni, diverse in Giappone e in Italia, della mancanza di impegno al proposito delle élite politiche; come in entrambi i paesi la giustizia fosse amministrata dallo stesso personale che lo aveva fatto nei precedenti regimi; come gli Alleati, a loro volta detentori di colonie, siano stati acquiescenti; come fattori internazionali, quali la nascita dei movimenti anticoloniali e la politica della guerra fredda, abbiano favorito un rapido oblio.