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L’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea è associato all’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, fondato da Ferruccio Parri nel 1949, di cui quindi non può non condividere l’adesione ai “valori ispiratori della Resistenza ed espressi nella Costituzione repubblicana, e agli ideali di antifascismo, democrazia, libertà e pluralismo culturale”, richiamati nell’art. 2 dello statuto.

Nei giorni scorsi, sul sito dell’Istituto bergamasco è comparsa, col nome dei suoi dirigenti, una nota – il cui titolo particolarmente feroce e insultante (“Un bastardo che ci lascia”), è stato poi tardivamente rimosso – in cui ci si dichiara “increduli e sgomenti per gli elogi e il cordoglio che si alzano – anche da parte delle più alte cariche dello Stato….in occasione della morte dell’attore Giorgio Albertazzi”, ricordando che era stato “milite della Tagliamento”, ”feroce rastrellatore di partigiani e civili”. Si afferma poi che la strage di Piazza della Loggia a Brescia (il cui anniversario è ricorso il 28 maggio) “è opera dei figli e dei nipoti di quella splendida figura di italiano, che in questo smemorato paese si tende ad onorare”: concludendo “che ognuno, per favore, pianga i suoi di morti”.

La “rete”, lo sappiamo, raccoglie purtroppo non di rado espressioni e considerazioni che sono più frutto di impulsi emotivi e di esplosioni incontrollate di rabbia, che non di pensiero raziocinante. Inoltre si può forse capire un riflesso di reazione di fronte al modo spesso ipocrita in cui nel nostro paese, nel celebrare persone defunte, si dimenticano le ragioni di dissenso che si sono avute in vita con esse.

Tuttavia chi fa cultura e storia non può e non deve mai rinunciare al giudizio sereno, magari non “spassionato” (le passioni sono parte e spesso motori della nostra vita) ma certo non cieco né falsato dall’odio.

Giorgio Albertazzi, come tanti italiani della sua generazione (era nato nel 1923), a vent’anni aveva militato “dalla parte sbagliata”: aveva fatto parte delle formazioni militari della Repubblica di Salò. Non lo negò mai, ma nulla nella sua vita autorizza a classificarlo come “padre” degli stragisti. Questa antica militanza non può però impedirci di riconoscere e ricordare tutto ciò che egli è stato nella sua lunga vita, un grande attore di teatro, di cinema e di televisione, famoso in Italia e all’estero, regista, sceneggiatore e autore teatrale, che ha dialogato sulle scene con capolavori immortali, e nella vita professionale con uomini di cultura di ogni orientamento.

Che poi ci sia chi, strumentalmente, cerchi ancora oggi di “rivendicare” la sua appartenenza al fascismo sopravvissuto fa parte delle forme di faziosità nostalgica cui non si risponde con faziosità opposte.

Il dovere storico e civile di ricordare cosa hanno significato il fascismo, la Rsi e il neofascismo stragista nella storia di questo paese non può essere affidato agli insulti, all’aggressione personale e alla indebita generalizzazione delle responsabilità.

Prof. Valerio Onida
Presidente Insmli