16 Maggio ’44: la rivolta vittoriosa dello Zigeunerlager. Una commemorazione in musica
di Chiara Nencioni
Sabato 15 maggio si terrà un grande evento internazionale a Lanciano, città medaglia d’oro al valore militare per la Resistenza ed unica città in Italia (forse diventerà l’unica al mondo se davvero verrà rimosso quello a Berlino per far passare di lì la metropolitana) ad ospitare un monumento (vandalizzato lo scorso ottobre) in memoria dei popoli Rom e Sinti uccisi nei campi di concentramento nazisti. Questa manifestazione, come annunciato dalla conferenza stampa che si è tenuta l’11 maggio a Palazzo Chigi, avverrà in Abruzzo ai piedi del monumento al Samoradipen in collegamento con Auschwitz, grazie alla collaborazione di Michele Andreola, guida italiana ad Auschwitz, che ricostruirà le vicende storiche occorse ai Rom e Sinti internati nei campi di sterminio.
Ma prima di parlare della musica, un po’ di storia.
Auschwitz-Birkenau, 16 maggio del 1944: nello Zigeunerlager, “il campo degli zingari”, scoppia la rivolta. Le SS quel giorno avevano intenzione di sterminare circa 5mila uomini, donne e bambini, tra rom, sinti e manouche.
Le condizioni di vita nello Ziguenerlager, l’unico settore del campo dove le famiglie non erano state divise, erano pessime: tifo, vaiolo e dissenteria avevano già causato la morte di molti “zingari”. Alla fine di marzo, le SS avevano ucciso nelle camere a gas circa 1.700 rom, giunti pochi giorni prima dalla regione di Bialystock (Polonia nord-orientale) e il 16 maggio gli amministratori del campo avevano deciso di liquidare tutti i reclusi dello Zigeunerlager.
Le guardie delle SS circondano quel settore per impedire fughe. Ma quando viene ordinato di uscire ordinatamente dalle baracche, i rom e i sinti opponengono un inaudito rifiuto. L’ufficiale in comando, Schwarzhuber, chiama a rapporto il Blockälteste che risponde: “Sono presenti 370 prigionieri!”. “Dobbiamo trasferirvi”, dichiara Schwarzhuber. Ma di nuovo nessuno si muove. Erano stati avvertiti da un deportato politico polacco – racconta lo storico Luca Bravi –, Tadeusz Joakimoski, e si erano armati di sassi, ferri da calza, pezzi di legno acuminati, spilloni, cucchiai affilati, tubi di ferro, vanghe e altri attrezzi usati normalmente per il lavoro.
Così, ricostruiscono l’accaduto Alessandro Cecchi Paone e Flavio Pagano in La rivolta degli zingari, Auschwitz 1944, Milano, Mursia, 2009: “a quel punto l’ufficiale perse la pazienza e mise mano al frustino. Cominciò a colpire a casaccio, mentre uno dei soldati afferrava per i capelli una ragazza, cercando di trascinarla fuori. Lei urlò e quel grido fu come uno squillo di tromba: improvvisamente i prigionieri insorsero, venendo a una vera e propria colluttazione con i soldati, che furono costretti ad arretrare. Si sentirono due colpi di fucile, e per un attimo fu il fuggi fuggi, ma i colpi erano stati sparati in aria. Schwarzhuber gridò agli zingari che, se non avessero obbedito immediatamente, le baracche sarebbero state date alle fiamme. Si sentirono altri spari isolati, poi una raffica di mitra. Ma i prigionieri non cedevano e anzi l’onda della rivolta, partita dal Block IIe, cominciava a estendersi in tutto il lager, coinvolgendo i settori degli ebrei e dei polacchi. Ovunque le baracche si illuminavano, ovunque si sentiva rumoreggiare: quella mostruosa città della morte, che contava oltre centomila abitanti, sembrava essere resuscitata ed era sull’orlo della rivolta. Schwarzhuber tentò di stroncare la ribellione sul nascere, e ordinò ai suoi di aprire il fuoco, ma la reazione degli zingari fu talmente violenta che le SS furono costrette a un ulteriore ripiegamento. Vedere i gagé indietreggiare, moltiplicò l’esaltazione dei prigionieri, che ora sembravano capaci di tutto […] I Tedeschi si riallinearono intorno alle baracche, ma senza sparare, temendo che, se anche avessero falciato la prima fila di attaccanti, gli altri avrebbero potuto impadronirsi di qualche arma automatica. Cosa sarebbe successo se, invece di una spranga, uno di quegli uomini avesse avuto fra le mani un mitra? […] Sentendo che la situazione gli era sfuggita di mano, Schwarzhuber afferrò il megafono e annunciò che il trasferimento era sospeso: tutti potevano rientrare nelle baracche”.
Cosa accadde quel giorno lo descrive anche il “Kalendarium” di Auschwitz-Birkenau, il “menabò” quotidiano degli avvenimenti nel campo di concentramento: “Verso le 19 nel campo BIIE è ordinata la Lagersperre. Davanti al campo arrivano alcuni autocarri da cui scendono SS armati con fucili mitragliatori. Il Comandante ordina agli zingari di abbandonare gli alloggi. Dato che sono stati preavvisati, gli zingari armati di coltelli, vanghe, leve di ferro e pietre, non lasciano le baracche. Sorpresi le SS […] dopo una consultazione […] lasciano il campo BIIE.”
Il massacro è sospeso. Circa 2000 rom vengono trasferiti in altri Lager e i 2.897 rimasti, bambini, donne e vecchi, vengono liquidati il 2 agosto.
Ma a noi piace ricordare che quelli “Untermenschen”, quelle donne e uomini di un’etnia tanto denigrata ancora oggi, deperita per la fame e il freddo, maltrattata dagli aguzzini, sfiancata dai lavori forzati, riuscì a reagire e ad alzare la testa per non arrendersi alla brutalità e alla morte.
L’antiziganismo, atteggiamenti anti-Rom o espressione di stereotipi negativi nella sfera pubblica o incitamento all’odio sono purtroppo diffusi anche dalla stampa e dai media, che incrementano quel sentimento romafobico già ampiamente presente in Europa e in Italia soprattutto.
“Rubano, non hanno voglia di lavorare, non amano vivere in case perché sono nomadi per natura, rapiscono i bambini” sono questi gli stereotipi più noti, ma non certo i soli.
Citiamo un esempio tratto dalla attualità: il caso di Denise Pipitone, bambina di quasi quattro anni scomparsa di il 1º settembre 2004 a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Sebbene gli indizi più consistenti, anche se non hanno portato a risultati sul piano giudiziario, spingessero in direzione di un ambito familiare-locale, periodicamente la stampa tira fuori la “pista rom”, come quando il 18 ottobre 2004 a Milano una guardia giurata nota e fotografa una bambina (ma dall’immagine non è neppure chiaro il sesso) vagamente somigliante a Denise in compagnia di una donna
ritenuta di etnia rom,-che non è mai stata identificata,- e ciò porta alla perquisizione dei campi nell’intero interland. E di nuovo il 31 marzo 2021 un’infermiera russa residente in Italia segnala al programma televisivo Chi l’ha visto? di aver notato una forte somiglianza tra Piera Maggio (la madre di Denise) ed una ragazza ventenne russa, partecipante a una trasmissione televisiva, che sosteneva di essere stata rapita dagli zingari da bambina e di essere in cerca della madre. Ovviamente la notizia è stata smentita dalla prova del DNA. Nonostante l’intervento televisivo a Chi l’ha visto? il 29 aprile di Gennaro Spinelli, Presidente dell’UCRI (Unione delle Cominità Romanès in Italia), per decostruire lo stereotipo che “gli zingari rubano i bambini”, di nuovo l’11 maggio i carabinieri di Scalea eseguono dei controlli su una ragazza di 21 anni, di origini romene, che vive a Scalea a seguito della segnalazione di un cittadino che la trova somigliante a Denise. Come se, poi, provenire dalla Romania dovesse implicitamente significare essere Rom.
Ma torniamo alla musica e alla manifestazione del 15 maggio a Lanciano, che, unica per il suo genere, punta alla valorizzazione del patrimonio musicale dei Rom italiani di antico insediamento.
La manifestazione è frutto della collaborazione fra L’Orchestra Sinfonica “G. Rossini” con l’Orchestra Europea per la Pace e l’Alexian Group, che tiene numerosi concerti di musica romanì in Italia e all’estero,in grado di elaborare e suonare proprie partiture e di esibirsi accompagnati da compagini orchestrali.
“Sarà un concerto etnosinfonico -spiega Santino Spinelli leader dell’Alexian group- volto a «sclandestinizzare» la musica romanì attraverso la sintesi tra due importanti elementi: la tradizione, data dalla musica Romanì di stampo italiano, tramandatasi dapprima solo in forma orale e successivamente in quella scritta, e l’innovazione, data dall’unione di masse artistiche molto eterogenee fra loro e che si incontrano per la prima volta.
“La musica Rom -scrive l’antropologa Chiara Candidi- ha suonato intorno al fuoco degli accampamenti, per le strade, nelle fiere, nelle corti nobiliari, nelle piazze, nelle sale concerto, nei teatri. Ha suonato ad Auschwitz, nello Zigeunerlager, simbolo estremo di Resistenza del popolo Romanì”.
Questo evento, oltre ad uno strumento per far conoscere, la rivolta rom di Auschwitz-Birkenau di cui nessuno sa, fonte di orgoglio e atto eroico di dignità, è un discorso di inclusività e di pace.