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La Repubblica e il mare: L’Italia repubblicana dalla sicurezza marittima stato-centrica a quella postmoderna: studi e prospettive
di Fabio De NinnoPubblicato sul numero 305 di Italia Contemporanea, agosto 2024
Abstract: La nota prova a tracciare un bilancio e a fornire un primo quadro interpretativo degli studi sulla sicurezza marittima nell’Italia repubblicana. In particolare, cerca di sottolineare il passaggio da una sicurezza centrata su una visione marittima oggetto di una sicurezza nazionale centrata su un modello nazionale a uno internazionale-sovranazionale tipico degli stati postmoderni e frutto dei processi di trasformazione subiti dal mondo marittimo italiano nel periodo della Guerra fredda a causa dei processi di globalizzazione dell’integrazione in sistemi economici e militari come la Cee/Ue e la Nato.
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La Repubblica e il mare: La parabola delle aree portuali-industriali in Italia. Una prospettiva storica
di Salvatore RomeoPubblicato sul numero 305 di Italia Contemporanea, agosto 2024
Abstract: Le città marittime hanno rappresentato sin dall’Unità un fattore fondamentale dello sviluppo dell’economia italiana. Dotata di un territorio povero di risorse naturali necessarie ai moderni cicli industriali, l’Italia ha dovuto far leva in misura significativa sui traffici marittimi per movimentare materie prime e prodotti finiti. Settori strategici hanno così trovato nella localizzazione costiera una condizione imprescindibile per la loro espansione. Tale tendenza ha impattato su diverse realtà urbane, segnandone l’evoluzione. Il porto può essere considerato il fulcro di questa dinamica, poiché intorno a esso sono andate insediandosi — spesso in conseguenza di decisioni politiche — alcune fra le principali aree produttive del Paese, che per questo possono essere definite aree portuali-industriali. Il saggio indaga il modo in cui la storiografia italiana si è misurata con questo tema, provando a fornire un’ipotesi di periodizzazione.
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Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 305 di Italia Contemporanea, agosto 2024
Abstract: La strategia della tensione da Piazza Fontana a Ustica - Le destre nell’Italia del secondo dopoguerra - La sinistra tra locale e internazionale nell’Italia repubblicana - Tra soldati alleati, bombe e vita quotidiana - Fra Risorgimento, fascismo e repubblica: cittadinanza, memorie, diritto - I cattolici fra nazionalismo, fascismo e democrazia - Turismo, consumi e politica dal fascismo al boom economico
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Il caso Blinderman. Naturalizzazione, revoca della cittadinanza e antisemitismo nell’Italia fascista
di Enrica AsquerPubblicato sul numero 304 di Italia Contemporanea, aprile 2024
Abstract: Attraverso l’analisi in profondità di un dossier di accertamento razziale e contestazione di una misura di revoca della cittadinanza, individuato nel fondo Demorazza (Archivio centrale dello Stato), questo articolo si propone di ripercorrere l’intera dinamica della naturalizzazione e denaturalizzazione di un “apolide” (prima ex-russo e poi ex-italiano) di origine ebraica nell’Italia fascista, facendo perno sulle azioni e sulle risorse che egli stesso mobilitò per costruire e adattare di volta in volta la sua identità pubblica ai criteri delle autorità. Con ciò, l’articolo punta a offrire una prima ricostruzione delle politiche di denaturalizzazione fascista e a evidenziare la relazione che esiste tra la vicenda innescata dalla misura antisemita di revoca della cittadinanza e il precedente processo di naturalizzazione che, come nella gran parte dei casi di revoca per effetto della legislazione antisemita, si svolse egualmente sotto il regime fascista, ma in una fase precedente la svolta del 1936-1938. L’articolo si interroga, dunque, in una prospettiva dal basso, sulle continuità e le discontinuità rappresentate dal fascismo e, in particolare, dalla politica antisemita fascista in materia di cittadinanza, articolando così il nesso tra “razza” e “naturalità”.
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Il tornante del 1945, la storia politica e la fragilità di una categoria. Nuove (e vecchie) sfide degli studi sul neofascismo
di Andrea MartiniPubblicato sul numero 304 di Italia Contemporanea, aprile 2024
Abstract: Complice l’accresciuta popolarità di formazioni di estrema destra nel panorama politico globale, gli studi sul cosiddetto neofascismo sono aumentati in maniera significativa negli ultimi anni, pur trascinandosi una serie di criticità. Non potrebbe essere altrimenti nel momento in cui è la stessa categoria di neofascismo a suscitare più di una perplessità per una molteplicità di ragioni, tra cui l’eccessivo utilizzo della parola nel dibattito pubblico per etichettare una vasta gamma di personalità e partiti. La presente nota, tuttavia, suggerisce come il ricorso a specifiche buone pratiche da parte di alcuni lavori dedicati al neofascismo apparsi in anni recenti — quali per esempio la propensione a rivisitare il tornante del 1945, allargare l’orizzonte della ricerca a una storia non esclusivamente evenemenziale e adottare un approccio transnazionale — stia aiutando a conferire maggiore solidità a questo campo di studi.
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Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 304 di Italia Contemporanea, aprile 2024
Abstract: Comunismo italiano e transnazionale - Fonti dell’io fra fascismo e Seconda guerra mondiale - L’antifascismo dal primo dopoguerra alla Resistenza - Biografie politiche dell’Italia repubblicana: tra storia e memoria - Nel mondo coloniale - Storia della storiografia
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Il Partito Comunista Italiano in Somalia tra retaggi coloniali e funzione pedagogica di massa
di Giulio FugazzottoPubblicato sul numero 303 di Italia Contemporanea, dicembre 2023
Abstract: Questo articolo tenta di analizzare alcuni quesiti storiografici concernenti il rapporto tra comunismo italiano e colonialismo, sollevati dalla presenza di una sezione del Partito Comunista Italiano (Pci) sorta a Mogadiscio nel 1942. Innanzitutto, si contestualizza la nascita di questa sezione nella Somalia occupata dalle forze britanniche, focalizzandosi sui rapporti con l’amministrazione militare e con la comunità italiana. Ci si sofferma poi sull’attività dei comunisti di Mogadiscio e sui rapporti con il Pci, rispetto a cui la sezione sembrerebbe essere sorta in sostanziale autonomia. Se ciò conferma una notevole circolazione di idee e pratiche del movimento comunista al di là dei network della Terza internazionale, allo stesso tempo risulta un elemento atipico nel contesto politico di questi anni. L’articolo identifica poi il reclutamento di militanti attuato nei campi di prigionia inglesi da parte della sezione come una peculiare declinazione del “partito nuovo” togliattiano. Infine, ci si sofferma sull’atteggiamento paternalista e colonialista alla base dell’esclusione dei somali dall’orizzonte politico della sezione.
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Sulla Storia della Banca d’Italia di Gianni Toniolo
di Pier Francesco AssoPubblicato sul numero 303 di Italia Contemporanea, dicembre 2023
Abstract: Questo scritto si propone di presentare i temi principali del recente volume di Gianni Toniolo dedicato alla storia della Banca d’Italia negli anni fra la sua fondazione (1893) e la caduta del fascismo (1943). Riprendendo alcuni recenti contributi sulla storia del central banking, si mostra come la contrapposizione fra “evoluzione” e “costruzione” di una banca centrale rappresenta un’utile, anche se parziale, chiave per rileggere la storia della Banca d’Italia. Mentre in età giolittiana si realizza una forte affermazione della Banca nella difesa della stabilità monetaria e nel perseguimento di obiettivi di pubblico interesse, negli anni fra le due guerre si ha un progressivo ridimensionamento delle principali funzioni di politica monetaria e valutaria. In questa fase, con le leggi bancarie del 1926 e 1936, prevale la costruzione di nuove regole che indirizzano la Banca d’Italia a svolgere compiti di vigilanza e di supervisione a tutela della stabilità del sistema bancario italiano.
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Marcia su Roma, andata e ritorno. Storia pubblica di un centenario irrisolto
di Stefano BartoliniPubblicato sul numero 303 di Italia Contemporanea, dicembre 2023
Abstract: A cento anni dalla presa del potere fascista, la storiografia continua a interrogarsi su quei passaggi e quel regime, sollecitata dalle preoccupazioni e dalle domande del presente. Se il mercato editoriale e i meccanismi accademici contribuiscono a popolare le librerie, la partita aperta sulla divulgazione di massa getta luce su quanto la storia del fascismo sia ancora un argomento attorno a cui si costruisce e decostruisce il discorso politico e sul valore strategico della battaglia per la memoria pubblica. Tra banalizzazioni e riduzioni, fascismo e antifascismo continuano a connotare le fratture, in cui si inserisce l’anti-antifascismo come nuovo elemento discorsivo, nel quadro di un dibattito pubblico che segnala la necessità di indagare i percorsi dell’antifascismo, il rapporto irrisolto della destra col fascismo e la necessità di comprendere come pesa la domanda culturale.
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Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 303 di Italia Contemporanea, dicembre 2023
Abstract: Il fascismo in biografia, Politica e partiti nell’Italia repubblicana, Storia memoria tra fascismo e resistenza, Anni Settanta: movimenti e lotte, La società italiana in trasformazione: abitudini e costumi, Le guerre italiane in età contemporanea, L’antisemitismo fascista, Economia e storia d’impresa
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“Il Bastione del Levante”: politiche coloniali nelle Isole Italiane dell’Egeo (1912-1945)
di Luca CastiglioniPubblicato sul numero 302 di Italia Contemporanea, agosto 2023
Abstract: Fra il 1912 e il 1940 le autorità italiane del Dodecaneso implementarono politiche demografiche, culturali e sociali volte a delimitare un nuovo spazio imperiale: pratiche coloniali di violenza e repressione si affiancarono a pervasive politiche di assimilazione culturale e ideologica, volte a creare una nuova identità soggetta per gli abitanti delle isole. Questo contributo presenta, anche attraverso fonti locali italiane e non, alcuni meccanismi dal basso di questo sistema: la selezione demografica implementata a cavallo della guerra greco-turca; l’impatto della creazione della cittadinanza egea; le politiche scolastiche e la creazione di contenuti educativi specifici per i giovani egei. Questo programma e le strategie di sopravvivenza implementate dalle comunità hanno plasmato la memoria locale: essa rappresenta il periodo italiano in una chiave alle volte contraddittoria, alternando il topos dei “bravi italiani” e il risentimento per la subita riduzione a uno status quasi coloniale.
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Una prospettiva d’avanguardia: la storia delle donne e di genere in Italia
di Ida FazioPubblicato sul numero 302 di Italia Contemporanea, agosto 2023
Abstract: Discussione del volume Women’s History at the Cutting Edge. An Italian Perspective.
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Donne e storia d’Italia: all’incrocio di nuove prospettive
di Simona TroiloPubblicato sul numero 302 di Italia Contemporanea, agosto 2023
Abstract: Il contributo si confronta con i saggi contenuti nel recente volume curato da Silvia Salvatici, “Storia delle donne nell’Italia contemporanea” (Roma, Carocci, 2022), facendo emergere l’originalità del patrimonio di studi accumulato sul tema negli ultimi decenni. Il testo si concentra sulla sfida metodologica proposta dal libro, che intreccia storia nazionale e storia globale e utilizza il genere come un prisma attraverso cui rinnovare la storia d’Italia dall’Unificazione ai decenni più vicini ai nostri.
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Rassegna bibliografica online
Pubblicato sul numero 302 di Italia Contemporanea, agosto 2023
Abstract: Il colonialismo italiano tra età liberale e fascismo, Gli anni del regime fascista, Le destre in Europa fra le due guerre, Lo stato sociale in Italia, Personalità dell’Italia repubblicana, Oppositori del fascismo, Per una storia della società italiana, Storie del tempo presente.
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Una deportazione durante il Ventennio fascista. Gli alti dignitari etiopi confinati a Mercogliano (1937-1940)
di Erminio FonzoPubblicato sul numero 301 di Italia Contemporanea, aprile 2023
Abstract: Alla fine degli anni Trenta, nel paese di Mercogliano (Avellino) furono confinati circa cento cittadini dell’Etiopia, appartenenti alla classe dirigente del Paese e facenti parte di un più ampio gruppo di aristocratici deportati in Italia in seguito all’attentato contro Rodolfo Graziani (19 febbraio 1937). Gli etiopi, alloggiati in due istituti religiosi, furono sottoposti a un regime non particolarmente duro dal punto di vista materiale, ma traumatico sotto il profilo psicologico, anche perché quasi tutti avevano giurato fedeltà all’Italia e si aspettavano di avere un ruolo politico nella nuova Etiopia coloniale. I deportati furono rimpatriati tra la seconda metà del 1938 e l’inizio del 1940. Per la maggior parte di loro, l’esperienza della deportazione rappresentò una frattura nei rapporti con l’Italia e per il regime fascista si rivelò controproducente.
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L’immigrazione in Italia prima di Jerry Masslo: il profilo sociale dell’immigrato nella ricerca scientifica degli anni Ottanta
di Donato Di SanzoPubblicato sul numero 301 di Italia Contemporanea, aprile 2023
Abstract: Attraverso la consultazione di fonti d’archivio e dei lavori di ricerca scientifica prodotti nel periodo di riferimento, l’articolo ricostruisce la rappresentazione pubblica dell’immigrazione in Italia tra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta. Incentrato principalmente sul ruolo della comunità scientifica nel considerare la complessità dell’immigrazione, l’articolo ripercorre l’evoluzione della figura dell’immigrato fino all’assassinio di Jerry Essan Masslo (1989), lo spartiacque per la storia dell’immigrazione in Italia.
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I sovversivi e i loro sentimenti. Un’analisi sulla forza delle emozioni nella storia dell’anarchismo italiano
di Antonio SentaPubblicato sul numero 301 di Italia Contemporanea, aprile 2023
Abstract: Il testo analizza le origini del socialismo italiano negli ultimi tre decenni dell’Ottocento evidenziando il valore che in esso giocano le emozioni. Lo fa a partire da alcuni volumi, tra i quali in particolare La forza dei sentimenti di Elena Papadia, che tengono insieme la dimensione sociale e politica con quella psicologica e mentale dei sovversivi. Da tale analisi emerge una consapevolezza: la necessità di utilizzare un approccio complesso che si serva anche delle vicende biografiche, delle storie familiari e dei rapporti intergenerazionali e che faccia pienamente proprio il punto di vista femminile. Da qui l’emergere del primato del dato etico nel socialismo delle origini, un movimento che, nella pluralità delle sue pratiche, dà importanza al sentimento inteso sia come strumento della propaganda, sia come senso di appartenenza a una comunità valoriale altra rispetto a un mondo ritenuto spesso ostile.
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Imprese e imprenditori italiani in Argentina nella storiografia italiana e argentina, dalla fine dell’Ottocento a oggi
di Federica BertagnaPubblicato sul numero 301 di Italia Contemporanea, aprile 2023
Abstract: L’articolo analizza la storiografia italiana e argentina su imprese e imprenditori italiani emigrati in Argentina, in una prospettiva di lungo periodo. Ne confronta le caratteristiche nelle tre fasi di sviluppo identificate (da fine Ottocento agli anni Sessanta del Novecento; dagli anni Sessanta agli anni Ottanta; dagli anni Ottanta a oggi). Conclude che nella storiografia italiana predomina una visione “etnica”, che esalta il contributo fornito da imprenditori e imprese italiane al progresso argentino. La storiografia argentina si caratterizza invece per la scarsa attenzione prestata alla matrice italiana, nel quadro di una visione che dagli anni Settanta diventa critica nei confronti dell’operato degli imprenditori. In entrambi i paesi gli autori fino agli anni Cinquanta non sono in prevalenza storici di mestiere ma pubblicisti.
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Fascismo e società italiana, Storia dell’Italia repubblicana, Cittadinanza e diritti, L’antifascismo in biografia, Mondo cattolico, politica e violenza, Processi e devianza politica a fine Ottocento
Pubblicato sul numero 301 di Italia Contemporanea, aprile 2023
Abstract:
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Pane e ferro per la Patria. Lo sfruttamento dei territori sovietici sotto l’occupazione italiana (1941-1943)
di Raffaello PannacciPubblicato sul numero 300 di Italia Contemporanea, dicembre 2022
Abstract: Il presente saggio esplora il lato principalmente economico dell’occupazione italiana in Urss durante la Seconda guerra mondiale, illustrando i piani di sfruttamento economico concepiti dai vertici di Roma e il trasferimento in patria di una parte delle risorse sovietiche, in primo luogo metalli e cereali. Fra gli scopi della partecipazione italiana al conflitto sul fronte orientale rientravano alimentare l’industria nazionale con materie prime tratte dal territorio sovietico occupato e sorreggere il “fronte interno” con derrate alimentari acquistate o requisite in situ, che in Italia sarebbero giunte a titolo gratuito o quasi. Incoraggiando la spoliazione del territorio nemico, i vertici politico-militari andavano incontro a una speranza diffusa sia fra i civili in Italia sia fra gli ufficiali e i soldati sul campo, vale a dire ricavare dalla guerra un equo bottino con cui ovviare alle restrizioni in atto sin dal 1940.
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Dalla rivoluzione alla liberazione. Autocoscienza femminista e sessualità nel “lungo Sessantotto”
di Virginia NiriPubblicato sul numero 300 di Italia Contemporanea, dicembre 2022
Abstract: L’articolo propone uno sguardo sulla “rivoluzione sessuale” degli anni Sessanta e Settanta in Italia nella cornice interpretativa della storia emozionale, con un ampio ricorso alla metodologia orale. Attraverso l’analisi di inedite fonti orali e il contrappunto della “posta del cuore” dei rotocalchi femminili del periodo, l’Autrice si interroga sull’apporto del metodo femminista dell’autocoscienza nella recezione e nella modifica degli input della cosiddetta rivoluzione sessuale. Prendendo in esame il contesto italiano del “lungo Sessantotto” l’Autrice ha analizzato come i nuovi modelli di una sessualità apparentemente più libera siano stati incorporati e modificati all’interno della controcomunità emozionale creata dal femminismo autocoscienziale, nella direzione di ciò che sarà poi definita “liberazione sessuale”, e si è interrogata sulle aperture e sui limiti che questo approccio ha comportato.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni - Dalla rivoluzione alla liberazione. Autocoscienza femminista e sessualità nel “lungo Sessantotto”
Il sistema pensionistico nel quadro del welfare italiano. Una rassegna di studi recenti
di Michele SantoroPubblicato sul numero 300 di Italia Contemporanea, dicembre 2022
Abstract: Lo studio del sistema pensionistico è un tema decisivo per comprendere il welfare italiano, ma è ancora appannaggio delle scienze sociali più che degli storici. Questa rassegna ha lo scopo di illustrare alcuni dei più importanti studi sul tema, appunto fra storia e scienze sociali, anche alla luce degli spunti provenienti dalla letteratura internazionale. In genere verranno prese in esame le tendenze, la metodologia e i temi di riferimento per questi studi. Nelle conclusioni, si proporrà una sintesi — senza pretese di esaustività — relativamente alle prospettive e alle direzioni della storiografia italiana in materia di pensioni e welfare.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni - Il sistema pensionistico nel quadro del welfare italiano. Una rassegna di studi recenti
Paesaggi invisibili. Ricerca storica e acque sotterranee
di Antonio BonatestaPubblicato sul numero 300 di Italia Contemporanea, dicembre 2022
Abstract: Le acque sotterranee rappresentano una componente fondamentale delle riserve idriche del pianeta. Nel corso dell’età contemporanea, questa risorsa è divenuta sempre più rilevante nel determinare i modi di produzione, i processi di modernizzazione e le forme di insediamento urbano, assumendo spesso connotati contraddittori: a volte fattore complementare, altre volte risorsa del tutto alternativa rispetto ai progetti di infrastrutturazione idrica a larga scala promossi dallo Stato e dalle tecnocrazie idrauliche. Nonostante questi elementi, la storiografia italiana e quella internazionale hanno finora dedicato scarsa attenzione alle acque sotterranee come distinto oggetto di studio. Ciò impone, sotto l’aspetto metodologico, un dialogo serrato con altri comparti scientifico-disciplinari, in direzione di categorie come Antropocene, ciclo idrosociale e shadow waters, e un’attenzione alla storiografia internazionale, in particolare a quei contesti nazionali o subcontinentali che si sono confrontati con la presenza di grandi acquiferi sotterranei.
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L’Italia del tempo presente, Lotte e mobilitazioni per i diritti nella stagione dei movimenti, Tra guerra e primo dopoguerra, La politica estera dell’Italia repubblicana, Storiografia e didattica della storia, Storie di lungo periodo
Pubblicato sul numero 300 di Italia Contemporanea, dicembre 2022
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni - L’Italia del tempo presente, Lotte e mobilitazioni per i diritti nella stagione dei movimenti, Tra guerra e primo dopoguerra, La politica estera dell’Italia repubblicana, Storiografia e didattica della storia, Storie di lungo periodo
Impero filmato, impero esibito. La cineteca del Museo Coloniale di Roma (1923-1951)
di Beatrice Falcucci, Gianmarco MancosuPubblicato sul numero 299 di Italia Contemporanea, agosto 2022
Abstract: L’articolo ricostruisce le vicende della cineteca Museo Coloniale di Roma, la cui sezione cinematografica era chiamata a raccogliere le pellicole più significative aventi a oggetto le colonie italiane, che venivano usate per eventi a carattere etnografico e di promozione coloniale o noleggiate ad altri istituti ed enti. Attraverso lo studio di carte conservate all’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Esteri, all’Archivio Centrale di Stato e all’Archivio di Stato di Forlì, l’articolo dimostra come la cineteca del Museo, in totale sinergia con l’Istituto Luce, fosse concepita come il centro nevralgico della propaganda visuale per l’impero del fascismo. Lo studio di questa documentazione permetterà inoltre di ricostruire il ruolo del Museo e della sua cineteca nell’immediato dopoguerra, quando avrebbe dovuto contribuire a perorare la causa del “ritorno” nelle ormai ex colonie.
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Dall’anticolonialismo all’antimperialismo: associazionismo e attivismo degli studenti africani nell’Italia degli anni Sessanta
di Valeria DeplanoPubblicato sul numero 299 di Italia Contemporanea, agosto 2022
Abstract: Con la fine degli imperi coloniali europei, l’afflusso di studenti universitari provenienti dai paesi di nuova indipendenza crebbe da entrambe le parti della Cortina di ferro. Questi si resero protagonisti di attività e mobilitazioni politiche tanto nei paesi del blocco orientale, quanto in Germania occidentale, Francia, Gran Bretagna. Gli studi su questi aspetti sono invece assenti per il caso italiano. Questo articolo intende proporre una prima ricostruzione della geografia dell’attivismo studentesco africano in Italia negli anni Sessanta, ricostruendone le modalità associazionistiche e proponendo una prima mappatura dei legami di tale attivismo con varie organizzazioni italiane, in particolare con alcuni gruppi studenteschi anticoloniali e con l’Ufficio centrale studenti esteri in Italia, di matrice cattolica. L’articolo mostra come, nel corso del decennio, negli interessi dei gruppi africani l’anticolonialismo venga sostituito dall’antimperialismo, e come l’associazionismo africano subisca un processo di radicalizzazione in parte connesso alla similare trasformazione del movimento studentesco italiano, e in parte connesso agli sviluppi della politica africana.
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Il Pci tra testimone e protagonista globale. Una discussione del nuovo contributo storico di Silvio Pons, I comunisti italiani e gli altri
di Alessandro BrogiPubblicato sul numero 299 di Italia Contemporanea, agosto 2022
Abstract: Una discussione critica del contributo storiografico di Silvio Pons, I comunisti e gli altri. L’articolo, oltre ad attribuire merito ai fatti esposti per la prima volta qui, e ai nuovi approcci utilizzati — in particolare quello di storia transnazionale — dal saggio di Pons, offre anche un’analisi comparata di altri contributi storiografici, e propone alcuni spunti per un ulteriore esame dell’impatto interno e internazionale del Partito comunista italiano.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Il Pci tra testimone e protagonista globale. Una discussione del nuovo contributo storico di Silvio Pons, I comunisti italiani e gli altri
Il centenario pop. Quando un anniversario diventa (anche) prodotto commerciale
di Anna TonelliPubblicato sul numero 299 di Italia Contemporanea, agosto 2022
Abstract: Il centenario del Pci ha generato la pubblicazione di numerosi volumi di storiografia, ma ancora di più ha coinvolto la produzione giornalistica con inserti monografici, la copiosa memorialistica e strumenti multimediali. Nella maggioranza dei casi la chiave di lettura è all’insegna della nostalgia e del “come eravamo” oppure una ricostruzione del passato con gli occhi del presente, soprattutto per sottolineare l’eterna divisione della sinistra.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Il centenario pop. Quando un anniversario diventa (anche) prodotto commerciale
Storia del Partito Comunista Italiano, Spazi sociali e urbani, L’Italia liberale, La Seconda guerra mondiale, Fascismo, Antisemitismo fra Italia liberale e fascismo, La Resistenza italiana
Pubblicato sul numero 299 di Italia Contemporanea, agosto 2022
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni - Storia del Partito Comunista Italiano, Spazi sociali e urbani, L’Italia liberale, La Seconda guerra mondiale, Fascismo, Antisemitismo fra Italia liberale e fascismo, La Resistenza italiana
L’emittenza privata tra cambiamento sociale e assenza normativa (1976-1984)
di Mirco DondiPubblicato sul numero 298 di Italia Contemporanea, aprile 2022
Abstract: Il saggio analizza la fase nascente delle televisioni private in Italia e l’autonoma evoluzione del sistema televisivo fino al consolidamento dei tre network nazionali Canale 5, Italia 1, Rete 4. I protagonisti di questa fase sono le piccole televisioni private, i grandi editori e i partiti. Le prime stazioni televisive sono spesso destinate a una breve vita, ma rappresentano un interessante fenomeno di costume che apre la strada ai grandi investitori. Sin dall’inizio degli anni Settanta i principali gruppi editoriali Rizzoli, Rusconi, Mondadori ai quali si aggiunge poi Silvio Berlusconi, entrano nell’emittenza televisiva con l’obiettivo di creare emittenti nazionali, un percorso che si compie attraverso strette relazioni con i partiti politici, soprattutto con la Democrazia cristiana e il Partito socialista. In una fase di piena trasformazione, l’assenza di una disciplina normativa, legata a un calcolo politico dei partiti, gioca a favore degli investitori più forti. La trasformazione dell’etere si accompagna a un processo di mutazione antropologica del pubblico, al quale concorre l’influsso della pubblicità. I mutati gusti del pubblico costituiranno un freno alla sistemazione del settore televisivo.
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Una scelta per l’Europa, una scelta per lo sviluppo? La Banca d’Italia, il Piano Pandolfi e lo Sme (1977-1979)
di Giandomenico PilusoPubblicato sul numero 298 di Italia Contemporanea, aprile 2022
Abstract: Tra il 1977 e il 1979, la creazione del Sistema monetario europeo (Sme) introdusse, per l’Italia, un elemento che sarebbe divenuto centrale nella strategia di aggiustamento agli shock macroeconomici degli anni Settanta, il “vincolo esterno”, uno strumento politico di matrice tecnocratica cui si affidava il risanamento della finanza pubblica e il rilancio della competitività dell’economia del paese. Le riforme dell’ambizioso programma concepito da un economista della Banca d’Italia, Tommaso Padoa-Schioppa, nell’estate del 1978 per consentire all’economia italiana di recuperare competitività, noto come “Piano Pandolfi”, delinearono i tratti essenziali dell’ingresso della lira nello Sme esattamente quale “vincolo esterno”, sulla scorta di indicazioni del direttore generale della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, nonostante le obiezioni di merito manifestate dal governatore Paolo Baffi. In quei frangenti la Banca d’Italia assunse consapevolmente quel ruolo di supplenza che ne avrebbe caratterizzato l’azione nel decennio seguente, motivando e orientando le scelte politiche del paese a favore di una sempre più stringente integrazione economica e monetaria dell’Europa, in quella direzione che si sarebbe infine precisata con il Trattato di Maastricht. Il vincolo esterno delineato da Padoa-Schioppa con il Piano Pandolfi, coerentemente con l’impianto dello Sme, si spostava ai vincoli di cambio connessi alla finanza pubblica e ai fenomeni di fiscal dominance che ancora caratterizzavano la politica monetaria in Italia, si trasformava cioè in un vincolo di politica fiscale che il cosiddetto divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro del luglio 1981 avrebbe formalmente riconosciuto. Il classico vincolo esterno di conti e cambi con l’estero sarebbe rimasto verso il resto del mondo come tale, ossia di natura economica e non “giuridica”, per usare la categoria impiegata da Guido Carli nei primi anni Novanta.
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Uno stimolo al confronto tra memorie e ricerche storiche sui disastri di un secolo
di Marco FincardiPubblicato sul numero 298 di Italia Contemporanea, aprile 2022
Abstract: Gli studi degli effetti sui civili della seconda guerra mondiale in Campania, allargati poi ai traumi della società italiana ed europea in quel frangente, ha portato la storica Gabriella Gribaudi a mettere criticamente a confronto i percorsi delle memorie istituzionali e di quelle private di comunità che abbiano subito eventi devastanti. Queste ultime si vengono spesso a configurare come vere e proprie contro-memorie polemiche. Nel volume del 2020 La memoria, i traumi, la storia, l’autrice estende oltre i contesti bellici, fino a terremoti o alluvioni, le prospettive di confronto tra le memorie pubbliche e le recriminazioni di quelle private, guardando ogni tipologia di catastrofe causata dall’imprevidenza delle società umane. Un problema storiografico di stringente attualità diviene quello di vagliare le soggettività in trasformazione dei portatori di testimonianze sui traumi collettivi, a cui i media dedicano un’attenzione ipertrofica.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Uno stimolo al confronto tra memorie e ricerche storiche sui disastri di un secolo
Storia italiana, storia mediterranea: nuove prospettive su un passato imperiale e coloniale
di Andreas GuidiPubblicato sul numero 298 di Italia Contemporanea, aprile 2022
Abstract: Negli ultimi anni, il legame fra Italia e Mediterraneo ha attirato una maggiore attenzione da parte della storiografia. Questo legame viene ormai studiato tenendo conto del dibattito su nuove categorie spaziali fra le scale nazionale, regionale, e globale con un interesse crescente per la categoria di impero. Il presente saggio discute lo stato attuale della ricerca e possibili orizzonti. Uno sguardo d’insieme su quattro monografie in lingua inglese permette di considerare il Mediterraneo come spazio adatto a ripensare la storia italiana mettendo l’accento sul suo carattere imperiale, compresa la decolonizzazione e i suoi echi fino a oggi. A partire da questi spunti, il saggio propone un dialogo con altre aree geo-storiche del bacino, la ricerca su fonti in varie lingue, e una maggiore attenzione per le realtà locali nel periodo precedente alla dominazione italiana.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Storia italiana, storia mediterranea: nuove prospettive su un passato imperiale e coloniale
Riletture di Gramsci; Antifascismo; Resistenza e memoria; Storie di città; La Grande guerra e i suoi soldati; Il mondo del secondo dopoguerra; Lavoro e capitale globali; Sessualità; politiche e lavoro.
Pubblicato sul numero 298 di Italia Contemporanea, aprile 2022
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni - Riletture di Gramsci; Antifascismo; Resistenza e memoria; Storie di città; La Grande guerra e i suoi soldati; Il mondo del secondo dopoguerra; Lavoro e capitale globali; Sessualità; politiche e lavoro.
Per una storia dell’antirazzismo nell’Italia repubblicana: problemi e ipotesi di ricerca
di Francesco Cassata, Guri SchwarzPubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Per una storia dell’antirazzismo nell’Italia repubblicana: problemi e ipotesi di ricerca
Antirazzismo cattolico e questione nera nell'Italia del secondo dopoguerra
di Matteo CaponiPubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: L’articolo indaga come una crescente attenzione alla questione nera abbia fatto da cornice all’ascesa di una sensibilità antirazzista nel cattolicesimo italiano del secondo dopoguerra. L’analisi mette in discussione il cliché di un innato antirazzismo cattolico, esaminando l’interrazzialismo come modello dominante: una terza via che si opponeva sia al razzismo sia all’antirazzismo militante, umanitario ed egualitario. La nozione di antirazzismo faticò a essere recepita dalla cultura cattolica di massa fino agli anni Sessanta. La svolta dipese dall’impatto di tre fenomeni di risonanza mondiale: la decolonizzazione, l’apartheid in Sudafrica e il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Ironia della sorte, la psicosi anticomunista della Guerra fredda costituì un motore dell’antirazzismo cattolico: occorreva scongiurare che il “risveglio” dei popoli neri avvenisse sotto l’influenza sovietica. Il pontificato di Giovanni XXIII, l’aggiornamento conciliare e la crisi del 1968 posero le basi per un cambio di paradigma; gli orientamenti antirazzisti si intrecciarono a significati progressisti e utopie rivoluzionarie controculturali.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Antirazzismo cattolico e questione nera nell'Italia del secondo dopoguerra
Un colonialismo non più razzista? Le insostenibili aspirazioni dei sudditi africani nel secondo dopoguerra
di Antonio M. MoronePubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: La storia della transizione all’indipendenza delle colonie italiane fu anche la storia dell’antirazzismo che non a caso è stato spesso associato all’anticolonialismo e alla storia dei movimenti nazionalisti in Africa. Il caso della decolonizzazione delle colonie italiane rappresenta un caso speciale non solo per la traiettoria fortemente internazionale della sistemazione postcoloniale decisa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma anche per la forte competizione, tutta sul versante africano, tra movimenti nazionalisti ed élites africane inclini ad appoggiare un progetto di continuità del sistema coloniale. È proprio da questa competizione che emerse un’istanza antirazzista che è al centro del presente articolo e non necessariamente o semplicemente fu riconducibile ai soli movimenti nazionalisti. Quei sudditi coloniali che si erano dichiarati disponibili all’ipotesi di un ritorno dell’Italia in Africa rivendicarono la necessità di una riforma del sistema coloniale nell’intento di ottenere una loro più ampia partecipazione alla gestione del potere e di superare il regime segregazionista di epoca fascista. Il presente articolo non si propone dunque di indagare l’antirazzismo e l’anticolonialismo dei nazionalisti, bensì il progetto di un colonialismo non più razzista, o comunque maggiormente inclusivo, coltivato da alcuni sudditi africani che intermediarono con la politica e la propaganda colonialista dell’Italia repubblicana. Di fatto, si trattò di un progetto destinato al fallimento, nella misura in cui colonialismo e antirazzismo erano termini in ultima analisi inconciliabili. Furono poi le diverse indipendenze delle colonie a mettere in discussione il razzismo attraverso la fine stessa del colonialismo.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Un colonialismo non più razzista? Le insostenibili aspirazioni dei sudditi africani nel secondo dopoguerra
“Vorrei la pelle nera”: cultura giovanile e sensibilità antirazziste nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta
di Silvana PatriarcaPubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – “Vorrei la pelle nera”: cultura giovanile e sensibilità antirazziste nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta
Un antirazzismo mancato? Classe e razza nel dibattito di area comunista su bambini meridionali e classi differenziali negli anni Settanta
di Grazia De MichelePubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: Uno degli elementi caratterizzanti le migrazioni interne verso le città del triangolo industriale negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento è stato il razzismo antimeridionale. Nelle scuole elementari molti tra i figli dei nuovi arrivati vennero immessi nelle cosiddette classi differenziali anche grazie al supporto scientifico offerto da psichiatri, psicologi e assistenti sociali che, nello stesso periodo, definirono i bambini di origine meridionale come disadattati, in ragione di una supposta incapacità di adattarsi a un ambiente più progredito. Negli anni Settanta, il fenomeno venne sottoposto ad aspre critiche, ma il razzismo che l’aveva alimentato non fu riconosciuto come tale. L’articolo analizza i limiti del dibattito sviluppatosi tra educatori e intellettuali di area comunista, che lessero la discriminazione nei confronti degli alunni meridionali esclusivamente in termini di classe sociale secondo i dettami di un marxismo tipicamente eurocentrico.
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Il movimento antirazzista in Italia e le politiche migratorie, 1989-2002
di Michele ColucciPubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: Il contributo ricostruisce l’evoluzione storica del movimento antirazzista in Italia, concentrandosi sul tema delle politiche migratorie. L’antirazzismo si diffonde in parallelo allo sviluppo dell’immigrazione straniera, che in Italia avviene in modo intenso dopo il 1989. Matura allora un dibattito nazionale sulle politiche migratorie: il movimento antirazzista contribuisce all’orientamento di tale dibattito e alle scelte legislative conseguenti. Nell’articolo vengono esaminate le principali fasi storiche comprese tra il 1989 e il 2002. Durante questo periodo il movimento antirazzista si confronta con l’emergere di pulsioni razziste, con l’inserimento sempre più diffuso dell’immigrazione nel mondo del lavoro, con la crescita quantitativa dell’immigrazione straniera, con la politicizzazione sempre più evidente del tema migratorio. Si tratta di un periodo in cui in Italia avvengono profonde trasformazioni sociali e politiche: la storia del movimento antirazzista può aiutare a comprenderle e contestualizzarle.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Il movimento antirazzista in Italia e le politiche migratorie, 1989-2002
Un antirazzismo commemorativo. La Shoah, i migranti e i demoni dell’analogia
di Guri SchwarzPubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: Oggetto di questo contributo sono i caratteri dell’antirazzismo commemorativo, il suo sviluppo e le sue articolazioni in Italia dagli anni Ottanta ai nostri giorni. L’analisi muove da due assunti: 1. tanto il razzismo quanto l’antirazzismo sono esercizi di memoria; 2. la retorica del ‘mai più’ — che ovviamente presuppone l’analogia storica –, è stata il più pervasivo dispositivo retorico antirazzista attivo in Italia negli ultimi quarant’anni. Il saggio propone un esercizio di storia del tempo presente. Dopo aver presentato, tramite alcuni esempi, le principali forme in cui tale dispositivo si manifesta, l’attenzione si orienta alla ricerca del punto di origine di quel sistema di rappresentazioni culturali. Si illustra come sia stato negli anni Ottanta, fase storica in cui l’Italia inizia a confrontarsi con nuovi fenomeni migratori e momento in cui — al contempo — la memoria della Shoah si va imponendo nell’industria culturale, che inizia a cristalizzarsi quel codice retorico antirazzista.
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Nel nome della scienza. Limiti e aporie dell’antirazzismo scientifico italiano
di Francesco CassataPubblicato sul numero 297s di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: L’introduzione del razzismo di Stato nell’Italia fascista fu caratterizzata da un atto per molti versi inaspettato e clamoroso, tanto a livello nazionale che internazionale: la pubblicazione, nel luglio 1938, di un “Manifesto degli scienziati razzisti”. Tale specificità, unita all’impatto delle politiche antirazziste dell’Unesco nei primi decenni postbellici, ha profondamente connotato lo sviluppo dell’antirazzismo italiano nel secondo dopoguerra. La memoria del 1938 (e del coinvolgimento della comunità scientifica in quella drammatica svolta) ha infatti, da un lato, determinato il costante ricorso all’economia morale dell’oggettività scientifica come principale argomento antirazzista; dall’altro, ha alimentato una proposta culturale e politica di igiene lessicale — la rimozione della parola “razza” — legittimandola in nome della scienza. Nell’affrontare criticamente queste argomentazioni dell’antirazzismo scientifico italiano, il saggio si articola in tre parti: nella prima sono descritte due campagne antirazziste — rispettivamente del 2008 e del 2014-2018 — condotte in Italia in larga parte da biologi e antropologi, e finalizzate a dimostrare l’ascientificità del concetto di “razza” e a promuovere l’eliminazione del termine “razza” dalla Costituzione; le due parti successive analizzano i limiti e le aporie di questo antirazzismo scientifico, sia in termini di destoricizzazione del razzismo fascista — individuato come principale bersaglio polemico — sia in termini di decontestualizzazione dello stesso rapporto tra scienza e antirazzismo nella seconda metà del Novecento. Le conclusioni avanzano sinteticamente alcuni suggerimenti metodologici che potrebbero contribuire al superamento dei limiti concettuali dell’antirazzismo scientifico italiano.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Nel nome della scienza. Limiti e aporie dell’antirazzismo scientifico italiano
Guerra e lutto a Milano. Momenti e luoghi dell’elaborazione del trauma 1915-1921
di Barbara BraccoPubblicato sul numero 297 di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: Il saggio prende in esame il processo dell’elaborazione del lutto a Milano tra il 1915 e il 1921. In particolare analizza le liturgie elaborate dalla società e dalle istituzioni di fronte alla morte di massa. Sulla base di varie fonti archivistiche, il saggio ha lo scopo di ricostruire i momenti più importanti e le reti sociali del dolore in una città fondamentale della storia italiana, soprattutto nella transizione epocale tra l’esperienza bellica e il fascismo.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Guerra e lutto a Milano. Momenti e luoghi dell’elaborazione del trauma 1915-1921
La “razza aquilina”. Gli Etruschi tra razzismo fascista, razzismo nazista e Chiesa cattolica
di Andrea AvalliPubblicato sul numero 297 di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – La “razza aquilina”. Gli Etruschi tra razzismo fascista, razzismo nazista e Chiesa cattolica
A proposito di Fiume
di Giuseppe CivilePubblicato sul numero 297 di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: Nella nota sono presi in esame alcuni recenti studi dedicati alla vicenda di Fiume fra il 1919 e 1920, in gran parte pubblicati in coincidenza con il centenario della marcia di D’Annunzio sulla città. Ne emerge la rilettura di temi diversi in rapporto al caso: la precedente storia della città, il ruolo articolato dell’esercito, il rapporto con il dopoguerra e con il fascismo, l’interpretazione di teorie e pratiche politiche elaborate allora, l’importanza di iniziative culturali e sociali particolari, il ruolo di D’Annunzio in rapporto ad altri attori individuali e collettivi. L’insieme di questi lavori testimonia come il dibattito sul caso Fiume sia ancora vivo e aperto a ulteriori sviluppi, sia su temi specifici che sul piano di interpretazioni complessive
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – A proposito di Fiume
Storie, visioni, memorie Lgbtq+: il Novecento italiano in tre libri
di Maya De LeoPubblicato sul numero 297 di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract: La lettura critica di tre recenti volumi relativi alla storia Lgbtq+ — Il caso di G. La patologizzazione dell’omosessualità nell’Italia fascista, di Gabriella Romano, Omosessualità e cinema italiano. Dalla caduta del fascismo agli anni di piombo, di Mauro Giori e L’aurora delle trans cattive. Storie, sguardi e vissuti della mia generazione transgender, di Porpora Marcasciano — si accompagna alla formulazione di questioni, all’analisi di approcci e alla delineazione di prospettive per una storiografia sulle e delle soggettività Lgbtq+ nel contesto italiano, in dialogo con la produzione internazionale su questo tema.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Storie, visioni, memorie Lgbtq+: il Novecento italiano in tre libri
Il mondo cattolico negli anni Trenta; Gramsci tra storia e cultura; Sinistre; Biografie di dirigenti del Pci; Fascismo; Emigrazione tra passato e presente; Razzismi
Pubblicato sul numero 297 di Italia Contemporanea, dicembre 2021
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Il mondo cattolico negli anni Trenta; Gramsci tra storia e cultura; Sinistre; Biografie di dirigenti del Pci; Fascismo; Emigrazione tra passato e presente; Razzismi
Una “classe inferiore di stranieri bianchi”.Gli italiani e il movimento dei lavoratori a San Francisco
di Tommaso CaiazzaPubblicato sul numero 296 di Italia Contemporanea, agosto 2021
Abstract: L’articolo esamina le relazioni tra gli immigrati italiani e il movimento dei lavoratori a San Francisco al principio del Novecento. La “razza” costituisce la lente attraverso cui viene in-dagato il processo di integrazione degli italiani alla luce delle politiche razziste messe in atto dalle strutture sindacali, che ammettevano solo “bianchi” ed escludevano gli immigrati asia-tici. Intrecciando una varietà di fonti (stampa operaia, documentazione delle unioni, dati sta-tistici sulle occupazioni) si rileva come gli italiani, seppur marginalizzati e giudicati inferiori razzialmente, siano stati riconosciuti come “bianchi” e, pertanto, assimilati nel locale movi-mento dei lavoratori. Si sostiene che a favorire ciò sia stata la precoce costruzione di una co-mune identità “caucasica” tra i gruppi europei, modellata in contrapposizione all’immigra-zione asiatica, in grado di far passare in secondo piano le tensioni tra il “vecchio stock” e i “nuovi immigrati”, come gli italiani, dominanti in altre città degli Stati Uniti.
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Il Foster Parents’ Plan: l’“invenzione” dell’adozione a distanza e gli esordi dell’attività in Italia
di Silvia CassamagnaghiPubblicato sul numero 296 di Italia Contemporanea, agosto 2021
Abstract: Il Foster Parents’ Plan nacque nel 1937, per sostentare i bambini vittime della Guerra civile in Spagna, grazie a un corrispondente di guerra inglese, che ebbe l’idea di creare “legami per-sonali” tra bambini profughi e orfani e i loro benefattori, creando uno dei primissimi esperi-menti di “adozione a distanza”. I “genitori adottivi” sostenevano finanziariamente i piccoli e mantenevano contatti con loro, attraverso lo scambio di lettere. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il Fpp estese i propri aiuti ai bambini di altri paesi e, alla fine del conflitto, si occupò di migliaia di giovani europei in situazioni di indigenza e disagio. Il Plan approdò stabilmente in Italia solo nel 1947 e le sue prime attività furono rivolte ai fanciulli che si tro-vavano ricoverati presso istituti e che avevano subito gravi menomazioni fisiche a causa della guerra. Per poter trattare i casi più urgenti e avere un contatto diretto con la realtà italiana, si cercò da principio il supporto di enti già presenti sul territorio. Tuttavia, a partire dai primis-simi anni Cinquanta, il Plan cominciò a operare con maggiore autonomia, grazie anche alle sue collaudate capacità organizzative.
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“Se un giorno tornasse quell’ora”.La nuova sinistra tra eredità antifascista e terzomondismo
di Andrea BrazzoduroPubblicato sul numero 296 di Italia Contemporanea, agosto 2021
Abstract: Questo articolo propone un’inedita genealogia della nuova sinistra in Europa occidentale tra la metà degli anni Cinquanta alla metà degli anni Settanta. Discostandosi dalle interpretazio-ni correnti, riafferma l’importanza storica della Guerra d’indipendenza algerina (1954-62), e più in generale del terzomondismo, nella genealogia delle nuove culture politiche che si svi-lupparono nei global 1960s. Una generazione di militanti si riappropriò della memoria della Resistenza declinandola in un registro non semplicemente difensivo ma attivante, sovrappo-nendo il mito della “Resistenza tradita” all’immagine dell’imperialismo come il “nuovo fasci-smo”. La guerra civile europea, identificata da Enzo Traverso come il tratto caratteristico del-la prima metà del ventesimo secolo, veniva così riconfigurata su scala mondiale come “guerra civile globale”.
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Esperienze detentive e scale della storia, tra paradigmi globali e contesti nazionali. Riflessioni su alcuni recenti contributi storiografici
di Anthony SantilliPubblicato sul numero 296 di Italia Contemporanea, agosto 2021
Abstract: I contributi presi in esame permettono di riflettere su come la più recente storiografia sul-le pratiche detentive, con particolare attenzione all’internamento civile, si è confrontata con il cosiddetto global turn e al contempo con il tema delle scale nella storia. Attraverso lo stu-dio di una serie di indicatori presenti nelle opere selezionate l’autore sostiene che i più signifi-cativi avanzamenti in termini storiografici non dipendano tanto dalla scelta tra le tradiziona-li questioni binomie — micro/macro, locale/globale — quanto dall’adozione di un approccio microsociologico teso a evitare la reificazione tanto delle categorie di analisi quanto delle pe-riodizzazioni, attraverso una prospettiva mai statica.
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Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 296 di Italia Contemporanea, agosto 2021
Abstract:
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“Attraversarono il mare su terra asciutta”: gli ebrei di Libia nei campi profughi in Italia e nel regime internazionale dei rifugiati (1948-1949)
di Chiara RenzoPubblicato sul numero 295 di Italia Contemporanea, aprile 2021
Abstract: La fondazione dello Stato di Israele nel 1948 portò a una significativa riduzione della presen-za ebraica nei campi profughi italiani. Tuttavia, questo segnò anche l’inizio di un’imprevista ondata migratoria che tra il 1948 e il 1949 portò circa 8.000 ebrei dalla Libia, che giungevano nella penisola nel tentativo di ricevere assistenza internazionale per emigrare in Israele. Que-sto contributo prende in esame le ragioni che hanno portato gli ebrei di Libia a raggiungere clandestinamente i campi profughi in Italia, il ruolo delle organizzazioni ebraiche e sioniste e lo scenario in cui si è articolata la risposta dell’umanitarismo internazionale a questa emer-genza. L’autrice mette in evidenza come una visione eurocentrica intrinsecamente radicata nel regime internazionale dei rifugiati vigente all’epoca abbia privato gli ebrei in fuga dalla Libia dello status di displaced persons.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni - “Attraversarono il mare su terra asciutta”: gli ebrei di Libia nei campi profughi in Italia e nel regime internazionale dei rifugiati (1948-1949)
La proprietà della casa alle origini dell’Italia repubblicana: politica e legislazione, 1945-1950
di Bruno BonomoPubblicato sul numero 295 di Italia Contemporanea, aprile 2021
Abstract: L’accesso di massa alla proprietà privata della casa di abitazione è un fenomeno che ha segna-to in profondità la storia dell’Italia repubblicana, pur restandone a oggi uno degli aspetti me-no indagati in ambito storiografico. L’articolo intende contribuire a colmare questa lacuna ri-salendo alle origini del processo che ha portato l’Italia a diventare uno dei paesi con la più alta quota di proprietari di casa dell’Europa occidentale. Un ruolo decisivo, al riguardo, han-no avuto le politiche abitative ed edilizie volte a incentivare e sostenere la piccola proprietà. Cruciali, sul piano politico e legislativo, furono gli anni del secondo dopoguerra, quando si posero alcuni dei tasselli fondamentali che sarebbero poi andati a comporre il mosaico dell’I-talia quale paese di proprietari di casa. L’articolo prende in esame le posizioni programma-tiche dei partiti e il confronto politico in sede di Assemblea costituente e di discussione par-lamentare su provvedimenti di primaria rilevanza come il piano Ina Casa e le leggi Tupini e Aldisio per l’incremento edilizio.
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La fabbrica tra economia, società e politica. Il controverso bilancio dell’Ilva di Taranto
di Marco DoriaPubblicato sul numero 295 di Italia Contemporanea, aprile 2021
Abstract: Il centro siderurgico di Taranto ha avuto e ha una grande importanza nella storia industriale italiana. A esso sono stati dedicati studi approfonditi. In queste pagine, ripercorrendo quanto emerge da tali studi così come dalla più recente storiografia sull’impresa pubblica in Italia e sull’Iri, si proporranno alcune considerazioni sul ruolo della siderurgia nell’economia italiana, sulla parabola delle partecipazioni statali e il loro rapporto con la politica, sulle politiche per-seguite nel secondo dopoguerra per ridurre i divari tra Nord e Sud. Si guarderà anche ai con-tenuti e ai toni del dibattito pubblico su tali questioni. Le scelte di volta in volta compiute e le diverse posizioni assunte saranno storicamente contestualizzate. Molti degli interrogativi che questa storia solleva hanno ancora oggi bisogno di risposte adeguate ai tempi.
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Laura Zanetti. Note sulla vita di una donna e di una resistente
di Barbara BoneschiPubblicato sul numero 295 di Italia Contemporanea, aprile 2021
Abstract: Note biografiche concernenti Laura Zanetti, comandante dell’Intendenza della Brigata GL Monte Suello.
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Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 295 di Italia Contemporanea, aprile 2021
Abstract non disponibile
Donne oltre i confini. La traduzione come percorso di emancipazione durante il fascismo
di Anna FerrandoPubblicato sul numero 294 di Italia Contemporanea, dicembre 2020
Abstract: È nota a tutti la definizione che Cesare Pavese, cogliendo lo spirito dell’epoca, diede degli anni Trenta come il “decennio delle traduzioni”. Meno noti i protagonisti di questa massiccia operazione di mediazione culturale. O, forse, sarebbe meglio dire, le protagoniste. Molte furono infatti le donne che scelsero l’attività traduttoria: si trattava di un lavoro flessibile, ‘nascosto’, che si poteva svolgere a casa, e per di più ancillare al lavoro dell’autore, un lavoro ‘adatto’ alle donne, ma che molte donne, però, usarono per ritagliarsi uno spazio di vita pubblica, di indipendenza e di libertà, esercitato anche nel selezionare i testi da tradurre e nel proporli agli editori. Quando nel 1938 Ada Gobetti tradusse uno dei libri di riferimento dell’american black feminism, Their eyes were watching God della Hurston, non si trattava certo di un’operazione unicamente letteraria. Chi furono dunque le intellettuali protagoniste del “decennio delle traduzioni”? E questo processo di mediazione culturale influenzò le pratiche, gli stili di vita, le mentalità delle traduttrici stesse? L’archivio privato della traduttrice Alessandra Scalero permette di circoscrivere un caso di studio emblematico delle ‘mutazioni di genere’ che investirono l’industria delle traduzioni fra le due guerre.
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Campo gamma. Energia nucleare, Guerra fredda e circolazione transnazionale dei saperi scientifici in Italia (1955-1960)
di Francesco CassataPubblicato sul numero 294 di Italia Contemporanea, dicembre 2020
Abstract: L’articolo prende in esame il programma di mutagenesi in agricoltura, realizzato dal Comitato nazionale per le ricerche nucleari, a partire dal 1955, attraverso la costituzione di uno specifico sistema tecnologico e sperimentale: il cosiddetto “campo gamma”, un campo circolare con al centro un radioisotopo di Cobalto-60. Emettendo raggi gamma, il Cobalto-60 produceva mutazioni genetiche nelle piante collocate in cerchi concentrici attorno alla sorgente. Il campo gamma venne inaugurato nel gennaio 1960 all’interno del Centro studi nucleari della Casaccia, grazie a una fonte radioattiva resa disponibile dal governo statunitense nell’ambito del programma Atoms for Peace. L’articolo analizza, in primo luogo, come la circolazione transnazionale del modello statunitense di mutation breeding sia stata fondamentale nel processo di istituzionalizzazione della genetica agraria in Italia; in secondo luogo, l’articolo dimostra come la costruzione di un immaginario sociotecnologico incentrato sul campo gamma sia stata parte integrante di tale processo di demarcazione scientifico-disciplinare.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Campo gamma. Energia nucleare, Guerra fredda e circolazione transnazionale dei saperi scientifici in Italia (1955-1960)
Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 294 di Italia Contemporanea, dicembre 2020
Abstract non disponibile
Dialoghi transatlantici. Il caso di Pasquale Saraceno
di Luigi MusellaPubblicato sul numero 293 di Italia Contemporanea, agosto 2020
Abstract: La storia dell’Italia contemporanea necessita di un contesto globale. Temi tradizionali, come il meridionalismo, non possono essere più trattati in modo autoreferenziale. Il caso di Pasqua-le Saraceno è significativo da questo punto di vista. Le sue relazioni culturali manifestano chiaramente la natura globale anche del suo pensiero, che in passato la storiografia tradizio-nale si è ostinata a leggere avendo per guida analitica lo stato nazionale.
La politica regionale comunitaria nell’"età del disordine". Dallo "sviluppo armonioso" alle ragioni del mercato (1972-1987)
di Antonio BonatestaPubblicato sul numero 293 di Italia Contemporanea, agosto 2020
Abstract: Il saggio ricostruisce le trasformazioni intervenute nei paradigmi di intervento della politica regionale comunitaria a partire dai primi anni Settanta, con l’avvio del negoziato per la creazione del Fondo europeo di sviluppo regionale, fino all’Atto Unico Europeo. L’Autore individua in questo periodo le fondamenta di una profonda transizione da modelli “interventisti” e “neomercantilisti” calibrati sul lato della domanda aggregata, caratteristici delle politiche regionali adoperate fino a quel momento da diversi Stati membri e in primo luogo dall’Italia, verso modelli più apertamente neoliberisti. L’analisi della forte conflittualità in seno al Comitato di politica regionale, l’organo di rappresentanza delle tecnocrazie nazionali deputato a gestire il Fesr, e tra questo e la Commissione europea, consente all’Autore di rilevare come tale esito non fu affatto scontato. A determinarlo furono soprattutto il sovraccarico di obiettivi posti in capo alla politica regionale in un contesto di risorse scarse e il logoramento della fiducia nel ruolo dell’intervento pubblico.
Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 293 di Italia Contemporanea, agosto 2020
Abstract non disponibile
Processi di liberalizzazione tra integrazione continentale e conflittualità internazionale. Italia, Europa, Oece (1947-1953)
di Roberto VentrescaPubblicato sul numero 292 di Italia Contemporanea, aprile 2020
Abstract: L’articolo prenderà in esame l’esperienza dell’Italia all’interno dell’Organizzazione per la cooperazione economica europea (Oece) negli anni della prima legislatura repubblicana. A partire da una riflessione sulle motivazioni tanto economiche quanto politico-diplomatiche che si posero alla base dell’adesione italiana all’Oece, questo contributo analizzerà le misure di liberalizzazione commerciale perseguite dal paese all’interno degli organi decisionali dell’organizzazione. Si darà risalto alla dimensione europea delle iniziative che l’Italia elaborò nell’ambito della progressiva riduzione di dazi, tariffe e contingentamenti alle importazioni di beni provenienti dai mercati internazionali. Si passeranno in rassegna le principali iniziative presentate in sede Oece dalla delegazione italiana e verranno presi in considerazione i provvedimenti promossi a livello europeo da parte dei maggiori partner della Penisola: i piani Stikker e Pella (1950); la nascita dell’Unione europea dei pagamenti (Uep, 1950); il pacchetto di liberalizzazioni introdotto da La Malfa (1951); la reintroduzione delle restrizioni quantitative da parte di Regno Unito e Francia (1951-1952). Questo contributo intende perciò sondare la natura, i presupposti e gli esiti della “filosofia liberalizzatrice” sviluppata dalle classi dirigenti dello stato italiano nel più ampio contesto del processo di integrazione economica del Vecchio continente e della genesi di quello che sarebbe poi divenuto il mercato comune europeo.
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Processi di liberalizzazione tra integrazione continentale e conflittualità internazionale. Italia, Europa, Oece (1947-1953)
La politica regionale comunitaria nell’“età del disordine”. Dallo “sviluppo armonioso” alle ragioni del mercato (1972-1987)
di Antonio BonatestaPubblicato sul numero 292 di Italia Contemporanea, aprile 2020
Abstract: Il saggio ricostruisce le trasformazioni intervenute nei paradigmi di intervento della politica regionale comunitaria a partire dai primi anni Settanta, con l’avvio del negoziato per la creazione del Fondo europeo di sviluppo regionale, fino all’Atto Unico Europeo. L’Autore individua in questo periodo le fondamenta di una profonda transizione da modelli “interventisti” e “neomercantilisti” calibrati sul lato della domanda aggregata, caratteristici delle politiche regionali adoperate fino a quel momento da diversi Stati membri e in primo luogo dall’Italia, verso modelli più apertamente neoliberisti. L’analisi della forte conflittualità in seno al Comitato di politica regionale, l’organo di rappresentanza delle tecnocrazie nazionali deputato a gestire il Fesr, e tra questo e la Commissione europea, consente all’Autore di rilevare come tale esito non fu affatto scontato. A determinarlo furono soprattutto il sovraccarico di obiettivi posti in capo alla politica regionale in un contesto di risorse scarse e il logoramento della fiducia nel ruolo dell’intervento pubblico.
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Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 292 di Italia Contemporanea, aprile 2020
Abstract: L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Rassegna bibliografica open access
Settant’anni di "Italia contemporanea"
di Nicola LabancaPubblicato sul numero 291 di Italia Contemporanea, dicembre 2019
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Settant’anni di "Italia contemporanea"
Pubblicità e propaganda durante il fascismo. Saperi e transfer di competenze fra mercato e politica
di Irene Di JorioPubblicato sul numero 291 di Italia Contemporanea, dicembre 2019
Abstract: L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Pubblicità e propaganda durante il fascismo. Saperi e transfer di competenze fra mercato e politica
"La mia vita" di Irma Testori. Memorie di una valligiana a New York (1919-1928)
di Paolo BarcellaPubblicato sul numero 291 di Italia Contemporanea, dicembre 2019
Abstract: L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – "La mia vita" di Irma Testori. Memorie di una valligiana a New York (1919-1928)
Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 291 di Italia Contemporanea, dicembre 2019
Abstract: L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Rassegna bibliografica open access
Confusione terminologica: “femminismo” ed “emancipazionismo” nell’Italia liberale
di Perry WillsonPubblicato sul numero 290 di Italia Contemporanea, agosto 2019
Abstract:
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“L’assalto alla diligenza”: la penetrazione del fascismo nella comunità italiana di Tunisia negli anni Venti
di Martino OppizziPubblicato sul numero 290 di Italia Contemporanea, agosto 2019
Abstract:
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Il popolo dei lombrosiani. Scienze sociali e classi subalterne in Italia fra Otto e Novecento
di Michele NaniPubblicato sul numero 289 di Italia Contemporanea, aprile 2019
Abstract:
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La contestazione leghista e la riscoperta del Tricolore (1990-2011)
di Giorgio VecchioPubblicato sul numero 289 di Italia Contemporanea, aprile 2019
Abstract:
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Pubblicato sul numero 289 di Italia Contemporanea, aprile 2019
Abstract:
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Piazza Senegal, Firenze 1990. Uno sciopero della fame tra storia e memoria
di Roberto BianchiPubblicato sul numero 288 di Italia Contemporanea, dicembre 2018
Abstract: Nel 1990 la comunità senegalese di Firenze fu protagonista di una protesta per reagire a una serie di manifestazioni e violenze di tipo razzista, per contrastare provvedimenti decisi dalle autorità locali e centrali, per rispondere alle modalità di presentazione dell’immigrazione straniera fornite dai mass media. La lotta si realizzò con uno sciopero della fame in piazza, nei pressi del Duomo, incontrò il sostegno di una parte consistente della città, ebbe ampia risonanza e si concluse con una legittimazione politica dei suoi promotori. La protesta e il suo esito anticiparono temi che avrebbero assunto un rilievo notevole nel XXI secolo, ma fu presto dimenticata. L’articolo ricostruisce le premesse e il contesto in cui avvenne lo sciopero della fame, e propone una narrazione della protesta gettando uno sguardo all’interno della piazza, attraverso l’uso di fonti edite e inedite, intrecciandole con testi e documenti raccolti o prodotti dall’autore nel 1990.
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La tratta delle bianche in Italia tra paure sociali e pratiche di polizia (XIX-XX secolo)
di Laura SchettiniPubblicato sul numero 288 di Italia Contemporanea, dicembre 2018
Abstract: Il contributo prende in esame la campagna contro la tratta delle bianche tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, seguendo in particolare il modo in cui essa si intrecciò con la nascita del mercato globale della prostituzione. Costrutto dalla forte qualificazione razziale, la tratta delle bianche mobilitò l’opinione pubblica occidentale intorno al tema della prostituzione forzata, tanto interna che nelle colonie e nei paesi di arrivo dei grandi flussi migratori del periodo. Esaminando le politiche di contrasto alla tratta nei primi decenni del Novecento, grazie alla ricca documentazione conservata nel fondo Interpol all’Archivio centrale dello Stato, in particolare alcune indagini internazionali di polizia, l’autrice si chiede in che misura esse si risolsero in misure di controllo della mobilità femminile.
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Pubblicato sul numero 288 di Italia Contemporanea, dicembre 2018
Abstract:
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Scrivere alla Demorazza. Le domande di "discriminazione" delle donne "di razza ebraica" e il conflitto sulla cittadinanza nell'Italia del 1938
di Enrica AsquerPubblicato sul numero 287 di Italia Contemporanea, agosto 2018
Abstract:
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La crisi istriana del secondo dopoguerra: dalle opzioni al Cominform (1947-1951)
di Orletta Moscarda OblakPubblicato sul numero 287 di Italia Contemporanea, agosto 2018
Abstract:
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Pubblicato sul numero 287 di Italia Contemporanea, agosto 2018
Abstract:
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Gli ebrei, un popolo di nevrastenici: una costruzione culturale della psichiatria europea tra Otto e Novecento
di Vinzia FiorinoPubblicato sul numero 286 di Italia Contemporanea, aprile 2018
Abstract:
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Riforme senza storia. Insegnanti di storia e reclutamento professionale nella scuola italiana all’inizio del millennio
di Pietro CausaranoPubblicato sul numero 286 di Italia Contemporanea, aprile 2018
Abstract:
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Parri da giovane. Per ripensare la biografia del "comandante Maurizio"
di Davide GrippaPubblicato sul numero 285 di Italia Contemporanea, dicembre 2017
Abstract:
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Claudio Pavone, uno storico inattuale e necessario. Con un documento inedito
di Tiziana NocePubblicato sul numero 285 di Italia Contemporanea, dicembre 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Claudio Pavone, uno storico inattuale e necessario. Con un documento inedito
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Pubblicato sul numero 285 di Italia Contemporanea, dicembre 2017
Abstract:
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I cento anni di Porto Marghera (1917-2017)
di Gilda ZazzaraPubblicato sul numero 284 di Italia Contemporanea, agosto 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – I cento anni di Porto Marghera (1917-2017)
Una comunità immaginata. Human relations e identità aziendale alla Falck negli anni Cinquanta
di Andrea Umberto GrittiPubblicato sul numero 284 di Italia Contemporanea, agosto 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Una comunità immaginata. Human relations e identità aziendale alla Falck negli anni Cinquanta
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Pubblicato sul numero 284 di Italia Contemporanea, agosto 2017
Abstract:
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La storia contemporanea in Italia vista dalla Germania. Un’istantanea
di Christof DipperPubblicato sul numero 283 di Italia Contemporanea, aprile 2017
Abstract:
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Secche e sviluppi
di Paolo MacryPubblicato sul numero 283 di Italia Contemporanea, aprile 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Discutendo con Christof Dipper
Questioni di metodo
di Fulvio CammaranoPubblicato sul numero 283 di Italia Contemporanea, aprile 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Discutendo con Christof Dipper
Esercizi critici
di Vinzia FiorinoPubblicato sul numero 283 di Italia Contemporanea, aprile 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Discutendo con Christof Dipper
Dal crinale del pre-ruolo
di Antonio Bonatesta, Andrea ClaudiPubblicato sul numero 283 di Italia Contemporanea, aprile 2017
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Discutendo con Christof Dipper
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Pubblicato sul numero 283 di Italia Contemporanea, aprile 2017
Abstract:
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Biopolitica dell’igiene nel primo dopoguerra. Genere e governo dei corpi nella costruzione dell’assistente sanitaria visitatrice
di Olivia FiorilliPubblicato sul numero 282 di Italia Contemporanea, dicembre 2016
Abstract: L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Biopolitica dell’igiene nel primo dopoguerra. Genere e governo dei corpi nella costruzione dell’assistente sanitaria visitatrice
Due vie per riconciliare il passato delle nazioni? Dalle Commissioni storico culturali italo-slovena e italo-croata alle giornate memoriali
di Raoul PupoPubblicato sul numero 282 di Italia Contemporanea, dicembre 2016
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Due vie per riconciliare il passato delle nazioni? Dalle Commissioni storico culturali italo-slovena e italo-croata alle giornate memoriali
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Pubblicato sul numero 282 di Italia Contemporanea, dicembre 2016
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Rassegna bibliografica open access n. 282
Combattentismo: il fascismo e le origini di un concetto
di Àngel AlcaldePubblicato sul numero 281 di Italia Contemporanea, agosto 2016
Abstract: Attraverso la storia concettuale, questo articolo esplora l'origine storica del concetto di "combattentismo", specificatamente nella sua chiara relazione col fascismo. L'analisi storico-concettuale permette di adottare una posizione critica rispetto all'utilizzazione del concetto nella storiografia. Seppure utilizzata dagli storici per descrivere gli eventi del periodo 1919-1922, la parola non si riscontra nelle fonti coeve. Attraverso lo studio delle fonti dagli anni '20 e '30, l'articolo rivela l'esistenza di un importante dibattito politico intorno alla nozione stessa di combattentismo, dal 1923 in poi. Questa disputa discorsiva fu sintomo di conflitti esistenti tra il movimento degli ex-combattenti e il fascismo. L'articolo perviene ad una più precisa concettualizzazione della nozione di "combattentismo".
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Le relazioni petrolifere Italia-Urss: l’Agip e il Nepthesyndacat 1926-1934
di Giacinto MasciaPubblicato sul numero 281 di Italia Contemporanea, agosto 2016
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Le relazioni petrolifere Italia-Urss: l’Agip e il Nepthesyndacat 1926-1934
I difficili anni Settanta: l'Italia e la questione energetica
di Silvio LabbatePubblicato sul numero 281 di Italia Contemporanea, agosto 2016
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – I difficili anni Settanta: l'Italia e la questione energetica
Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 281 di Italia Contemporanea, agosto 2016
Abstract:
L’articolo è disponibile alla pagina: Franco Angeli Edizioni – Rassegna bibliografica open access
Discutendo di guerra
di Nicola LabancaPubblicato sul numero 280 di Italia Contemporanea, aprile 2016
Abstract: Articolo integrale disponibile in modalità open access alla pagina http://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/icoa/article/view/3164/73
L'anniversario della grande guerra in Italia. Spunti e contrappunti a metà del guado
di Mario IsnenghiPubblicato sul numero 280 di Italia Contemporanea, aprile 2016
Abstract: Articolo integrale disponibile in modalità open access alla pagina http://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/icoa/article/view/3164/74
Un libro di prosa e di poesia a proposito della riedizione di La Grande guerra 1914-1918 di Mario Isnenghi e Giorgio Rochat
di Giovanni ProcacciPubblicato sul numero 280 di Italia Contemporanea, aprile 2016
Abstract: Articolo integrale disponibile in modalità open access alla pagina http://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/icoa/article/view/3164/75
Rassegna bibliografica open access
Pubblicato sul numero 280 di Italia Contemporanea, aprile 2016
Abstract: Articolo integrale disponibile in modalità open access alla pagina http://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/icoa/article/view/3164/76
La politica estera italiana nel primo dopoguerra 1918-1922. Sfide e problemi
di Luciano MonzaliPubblicato sul numero 256-257 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2009
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Abstract: Obiettivo del saggio è ricostruire i principali momenti e problemi dell'azione internazionale dell'Italia dopo la prima guerra mondiale. La fine dell'impero asburgico, la crisi interna russa, il declino dell'impero ottomano liberarono l'Italia dalla presenza di antichi rivali nell'Europa danubiana e balcanica e nel Mediterraneo orientale, e inaugurarono un'epoca di ampliamento della sua influenza in quelle regioni. Ma l'aggravarsi delle rivalità fra l'Italia e le altre potenze vincitrici, in particolare Francia e Gran Bretagna, rese spesso di difficile realizzazione le ambizioni italiane. Inoltre, sulla politica estera dei governi Bonomi e Facta ebbe una forte incidenza la politica interna: si verificò infatti una crescente strumentalizzazione della politica internazionale ai fini degli interessi e delle logiche dello scontro politico in atto nella società italiana.
Il Sessantotto e la famiglia. Storia di una comune nella campagna marchigiana 1976-1987
di Sofia SerenelliPubblicato sul numero 255 di Italia Contemporanea, giugno 2009
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Abstract: Questo articolo rende conto di una ricerca svolta con i metodi della storiografia orale su di una comune di Ancona, fondata nel 1977 da un gruppo di sei persone — ex militanti di un gruppo extraparlamentare e femministe —, che si caratterizzava come un tentativo ideologicamente fondato di superare l’istituzione familiare in un ambiente rurale della regione Marche, dove il ruolo della famiglia è sempre stato egemonico. Attraverso l’analisi delle memorie dei partecipanti, comparate con una serie di letture da loro stessi indicate, l’articolo illustra come quelli che furono i fattori di crisi per molte altre comuni degli anni settanta, in questa comune furono pesantemente influenzati dal contesto socioculturale da cui essa ebbe origine. Per prima cosa, l’autrice indaga nello specifico il progetto ideologico della comune. Sulla base delle ‘memorie conflittuali’, si evidenzia come l’assenza di modelli teorici abbia accresciuto la complessità di questo tentativo di costruire un modello alternativo di famiglia d’impronta culturale marxista e declinato nelle forme di reciprocità interna tipiche di un’‘azienda familiare’ derivante dal vecchio sistema mezzadrile. In secondo luogo, l’autrice esamina come il progetto sia andato via via scivolando verso una sorta di ‘rispecchiamento’ della famiglia mezzadrile tipica della tradizione locale, nei termini vuoi di una ‘convergenza organica’ degli individui nel loro ‘lavoro’ collettivo, vuoi di una condivisione ideologica di forme intime del privato. In conclusione, la nozione di ‘fallimento’ (relativo alle comuni degli anni settanta) viene ripensata alla luce di un’idea diversa di storicità, nonché in relazione a quanto ancora oggi rimane dell’esperienza della comune di Ancona nei rapporti interfamiliari e nei comportamenti sociali attuali di coloro che ad essa parteciparono.
Sulla categoria di "transizione"
di Luca BaldissaraPubblicato sul numero 254 di Italia Contemporanea, marzo 2009
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Abstract: Nel dibattito storiografico è stata importata la categoria di "transizione". La sua elaborazione prende forma nelle scienze sociali e la sua applicazione avviene soprattutto per spiegare i passaggi di regime politico e istituzionale (dalla dittatura alla democrazia) e i mutamenti degli assetti economici (dalle economie pianificate a quelle di mercato). Il ricorso ad essa negli studi storici è però controversa, poiché la definizione di ‘transizione’ ha però privilegiato sinora il cambiamento piuttosto che la continuità. In questo modo ha valorizzato il momento del passaggio, ha attribuito alla transizione un valore e un significato secondo l’approdo, ha proposto un’immagine lineare, quasi ineluttabile, del processo storico. Riflettendo sul 1945, questo saggio si interroga invece sulla possibilità e sull’utilità di formulare una definizione storiografica di ‘transizione’ che si misuri con le contraddizioni dei processi storici, con la dialettica tra persistenze e innovazioni. Si propone di assumere la transizione come un problema storico in sé: gli storici rivolgano la loro attenzione non al risultato del processo di mutamento quanto alla fase di accelerazione e innesco di quel processo, quando eventi del tempo breve e fattori di lungo periodo frantumano un equilibrio ormai instabile per ricondurre verso condizioni di stabilità. Storicizzare la transizione significa insomma individuare il catalizzatore del mutamento, ciò che innesca le condizioni del cambiamento e le rende operative.
Set Italy ablaze. Lo Special Operations Executive e l'Italia 1940-1943
di Mireno BerrettiniPubblicato sul numero 252-253 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2008
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Abstract: Lo Special Operations Executive fu un organismo creato dagli inglesi nella seconda guerra mondiale dopo la sconfitta della Francia e l’entrata in guerra dell’Italia (l’autorizzazione alla sua costituzione venne data da Churchill nel luglio del 1940) per guidare il movimento di resistenza antinazista e antifascista e le operazioni sovversive nell’Europa occupata dalle potenze dell’Asse. Esso agì coerentemente con questo obiettivo anche rispetto all’Italia, muovendosi su due piani interconnessi: il primo, operativo, consistente nell’invio nella penisola di agenti capaci di promuovere azioni di sabotaggio o sovversive, il secondo, spiccatamente politico, volto ad accelerare il crollo del regime fascista. Le difficoltà della Gran Bretagna a penetrare e operare in Italia e il fallimento della politica di reclutamento di agenti tra i Pow e gli enemy aliens italiani spiegano i modesti esiti dell’approccio operativo del Soe. D’altro canto, l’approccio "politico" ebbe risultati persino peggiori. Il Soe, mirando a favorire un’uscita soft dell’Italia dalla guerra, entrò in contatto con antifascisti in esilio come Emilio Lussu e con gli ambienti del Partito d’azione; con esponenti della "fronda" militare come Badoglio; con industriali antifascisti come Adriano Olivetti. In ogni caso, le sue relazioni con gli oppositori al regime vennero bloccate: prima da un vuoto di indicazioni politiche, poi dall’adozione da parte del War Cabinet della "linea dura" rispetto all’Italia, vale a dire di una chiusura totale a qualsiasi richiesta di patteggiamento per la pace, portata avanti più o meno esplicitamente dagli interlocutori italiani del Soe. A ciò si aggiunga che il Foreign Office riteneva troppo debole l’antifascismo politico italiano, poco credibile l’opposizione "istituzionale" al regime, e pericoloso rispetto agli alleati assumere nei loro confronti una condotta che potesse far sorgere anche il minimo dubbio sulla lealtà Britannica.
Crimini di guerra in Giappone e in Italia. Un approccio comparato
di Ken IshidaPubblicato sul numero 251 di Italia Contemporanea, giugno 2008
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Abstract: Il saggio analizza la questione dei crimini di guerra compiuti dall’Italia e dal Giappone attraverso un approccio comparativo incentrato su tre fondamentali punti di osservazione. Il primo è la prospettiva di lungo periodo: Italia e Giappone, ultime arrivate tra le potenze imperialiste, sin dall’inizio del XX secolo, per annientare le resistenze locali e giungere a controllare rapidamente le loro colonie oltremare, non si peritarono di ricorrere a metodi simili, di un’efferatezza che raggiunse il massimo quando l’aspirazione del Giappone di avere la meglio rispetto alla supremazia bianca e l’affermazione dell’Italia di avere diritti uguali a quelli delle altre potenze imperiali ne accrebbero, nel corso degli anni trenta, l’aggressività. Il secondo riguarda il modo con cui gli intellettuali di entrambi i paesi, in quegli anni e anche durante la seconda guerra mondiale, si atteggiarono rispetto alle conseguenze dolorose sulle popolazioni locali delle guerre nelle colonie. Il disinteresse e l’ignoranza contraddistinsero in Italia persino quelli che si erano ricreduti sul fascismo durante la guerra di Spagna, mentre in Giappone, ancora nel dopoguerra, le posizioni anticolonialiste erano in minoranza. Il postulato della "superiorità sulle colonie" dominava la percezione degli intellettuali e quella delle popolazioni. Nel dopoguerra, molti italiani, convinti di essersi liberati da soli dal fascismo, dimenticarono con gran facilità quanto essi stessi avevano fatto contro altri popoli, mentre la consapevolezza (acutizzata dall’esperienza del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki) del popolo giapponese di essere lui stesso "vittima della guerra" spesso dominò il discorso postbellico. Il terzo, infine, concerne il fatto che nel secondo dopoguerra, sia in Italia che in Giappone i responsabili di crimini di guerra, sostanzialmente, non vennero perseguiti né si effettuarono epurazioni significative. L’autore esamina le ragioni, diverse in Giappone e in Italia, della mancanza di impegno al proposito delle élite politiche; come in entrambi i paesi la giustizia fosse amministrata dallo stesso personale che lo aveva fatto nei precedenti regimi; come gli Alleati, a loro volta detentori di colonie, siano stati acquiescenti; come fattori internazionali, quali la nascita dei movimenti anticoloniali e la politica della guerra fredda, abbiano favorito un rapido oblio.
Un difficile incontro. Esercito e politica in Italia 1945-1948
di Andrea ArgenioPubblicato sul numero 250 di Italia Contemporanea, marzo 2008
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Abstract: La fine della guerra, l’instaurazione di uno Stato democratico e l’entrata in vigore della Costituzione posero nuove problematiche agli alti comandi militari dell’esercito. Rispetto alla larga autonomia concessa alle forze armate dai regimi precedenti, la carta costituzionale indicava la via di uno stretto controllo politico sulle forze armate in quanto la classe politica postfascista aveva un atteggiamento diffidente nei confronti del mondo militare, tanto che cercò, durante gli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, pur nel rispetto dell’autonomia di ogni burocrazia, di controllarlo. Non fu facile ricostruire un nuovo esercito in quanto al mondo politico interessavano non tanto nozioni di carattere tecnico-strategico, ma, più semplicemente, che le forze armate restassero fuori dall’agone politico o che fossero disponibili a intervenire in situazioni che potessero mettere in difficoltà l’integrità e la tenuta dello Stato. La reazione a questo sentimento di estraneità spinse gli Stati Maggiori a far arrestare la politica fuori dalle caserme rinchiudendosi in un tecnicismo scevro da qualsiasi accenno alla politica stessa. Questo atteggiamento venne assecondato incoraggiando una graduale forma di autogoverno da parte delle forze armate che determinò una disattenzione crescente verso i fenomeni di clientelismo e burocratizzazione che colpirono l’organismo negli anni a seguire. Le forze armate però non possono essere considerate avulse dal contesto nel quale operano e il presente contributo mira a illustrare lo stretto legame che, in democrazia, intercorre tra élite militari e politiche.
Le trattative per il risarcimento degli internati militari italiani 1945-2007
di Gabriele HammermannPubblicato sul numero 249 di Italia Contemporanea, dicembre 2007
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Abstract: Il risarcimento degli internati militari italiani tornò a essere oggetto di discussione, in relazione all'accordo globale italo-tedesco del 2 giugno 1961 e dopo decenni di stallo, nel corso delle trattative sull' istituzione della Fondazione Evz. Risulta evidente che le linee argomentative, volte a escludere gli internati dal gruppo degli aventi diritto al risarcimento, sono caratterizzate, da parte tedesca, da grande continuità. Soprattutto i fattori di ordine economico furono determinanti. Inoltre. L'iscrizione degli ex internati militari fra chi aveva diritto al risarcimento comportava un rischio incalcolabile: infatti, in caso di riparazione nei loro confronti, si temeva un'ondata di denunce da parte di tutti gli altri ex prigionieri di guerra. In Italia il pagamento a seguito dell'accordo di risarcimento del 1961 assecondò la retorica nazionale dominante. Poiché gli internati militari sono stati associati per decenni alla catastrofe militare dell'8 settembre 1943, il loro destino doveva essere dimenticato dalla coscienza pubblica. Anche negli ultimi anni l'Italia non ha espresso alcuna iniziativa degna di nota, volta a realizzare un risarcimento adeguato degli ex internati militari italiani. Ciò vale sia per il governo Berlusconi che, nel contesto dell'istituzione della Fondazione Evz, non si adoperò in alcun modo affinché venissero considerati gli ex internati militari, sia per alcuni settori della magistratura italiana. Le iniziali speranze degli ex internati, di essere risarciti dalla Fondazione Evz, furono annientate dal parere dell'esperto di diritto internazionale Christian Tomuschat, incaricato dal governo federale dell'epoca. Rimangono forti dubbi sul fatto che i procedimenti ancora aperti possano avere, un giorno, esito positivo. Nondimeno la Fondazione Evz può comunque vantare un bilancio notevole. Il risultato sarebbe stato ancora più impressionante se, non solo gli internati militari italiani, ma anche i prigionieri di guerra sovietici avessero ottenuto un risarcimento.
In esergo. Note sull'esilio spagnolo degli anni trenta con alcune piste di ricerca
di Alfonso BottiPubblicato sul numero 248 di Italia Contemporanea, settembre 2007
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Abstract non disponibile
Il controspionaggio
di Antonio FioriPubblicato sul numero 247 di Italia Contemporanea, giugno 2007
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Abstract: Allo scoppio della prima guerra mondiale, mentre la Gran Bretagna poteva vantare un efficiente servizio di spionaggio e di controspionaggio dipendente dall’autorità politica, l’Intelligence Service, creato nel 1908 in previsione di un conflitto con la Germania, e la Francia disponeva del Deuxième Bureau, dipendente dal ministro della Guerra, l’Italia non aveva un analogo servizio "civile". Era l’Ufficio riservato della Direzione generale della pubblica sicurezza a svolgere, assieme a tanti altri, i compiti di spionaggio e di controspionaggio, considerati forse non prioritari. Nel periodo della neutralità l’Italia divenne il "crocevia" più importante dello spionaggio europeo – solamente dopo il 24 maggio 1915 questo "primato" passò alla Svizzera –, ma la risposta delle autorità di pubblica sicurezza fu inadeguata per la grave insufficienza dei fondi a disposizione, per la penuria di agenti specializzati nell’intelligence, per la mancanza di un vero coordinamento centrale, e spesso si limitò ad assecondare le richieste del presidente del Consiglio e delle autorità militari. Dopo l’entrata in guerra e gli impressionanti "incidenti" e sabotaggi che colpirono navi e industrie italiane, mentre si sviluppava il sospetto indiscriminato contro gli stranieri e contro gli italiani "neutralisti" e "disfattisti", alimentato dai più accesi gruppi interventisti, maturò l’esigenza della creazione di un "moderno" ufficio, dipendente dal ministro dell’Interno, con l’esclusivo compito dello spionaggio e del controspionaggio. La questione fu risolta solamente alcuni mesi dopo l’insediamento del governo di unità nazionale presieduto da Boselli, che pose come programma prioritario l’adesione alla guerra "totale".
L'opinione popolare italiana di fronte alla guerra d'Etiopia
di Paul CornerPubblicato sul numero 246 di Italia Contemporanea, marzo 2007
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Abstract: Gli anni della conquista dell’Etiopia (1935-1936 ) sono spesso considerati come il culmine del consenso al regime fascista. In quest’articolo, concernente l’umore delle masse nell’Italia del tempo quale risulterebbe dagli archivi di polizia e di partito, si sostiene che, pur essendoci in taluni settori della società un indubbio consenso verso la guerra, in taluni altri settori si sarebbero invece nutriti forti dubbi e profonde diffidenze. Dal vaglio di avvenimenti quali la grande adunata nazionale del 2 ottobre 1935, alla vigilia dell’invasione, la Giornata della fede del dicembre 1935 e le reazioni nel paese a guerra finita, l’A. giunge alla conclusione che molta gente comune in Italia sarebbe rimasta tutt’altro che convinta da un imperialismo assolutamente incapace di mantenere le sue grandi promesse. Così, il tanto vantato “entusiasmo spontaneo” per la guerra sarebbe stato in buona parte fabbricato ad arte dallo stesso regime, con la gente costretta a inscenare la sua entusiastica partecipazione ai pubblici rituali imposti dall’alto, pur in molti casi dubitando che la guerra, la conquista dell’Etiopia e la conseguente rottura degli equilibri europei potessero arrecare duraturi benefici all’Italia e agli italiani. Diversamente dai tedeschi sotto Hitler, molti italiani sarebbero rimasti poco convinti della politica espansionistica del fascismo, trovando difficile credere che l’Impero potesse risolvere i problemi di un popolo più che altro angustiato dalle difficoltà della vita quotidiana.
La memoria spezzata. La Russia e la guerra
di Maria FerrettiPubblicato sul numero 245 di Italia Contemporanea, dicembre 2006
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Abstract: Scopo del saggio è ricostruire le vicissitudini della memoria della seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, prima, e in Russia, poi, dalla fine del conflitto a oggi, con l’intento di fornire al lettore occidentale uno strumento per capire diversi usi pubblici a cui il ricordo del conflitto, estremamente vivo nella società, si presta. Si vogliono mostrare, in particolare, le ragioni per cui la memoria della guerra ha avuto e ha tuttora, nelle terre russe, una funzione del tutto diversa, nella trasmissione dei valori e nella costruzione delle identità collettive, da quella che ha avuto nei paesi dell’Europa occidentale. Il punto di partenza è la specificità della memoria russa della guerra, una memoria duplice, ambigua, perché ambivalente era stata, per l’Urss, la vittoria stessa: liberazione del paese e dell’Europa dal giogo nazista in nome dei valori di libertà dell’antifascismo, la vittoria aveva al tempo stesso portato al consolidamento e all’inasprimento della dittatura staliniana in nome della risorta grande potenza della Russia. Dal ricordo della guerra scaturivano quindi due memorie opposte, antitetiche, che veicolavano due sistemi di valori inconciliabili, fondati l’uno sulla libertà e l’altro sull’esaltazione della potenza nazionale: la memoria della guerra vissuta, col suo spirito di libertà che alimentava le speranze di una democratizzazione, e la memoria della vittoria, che celebrava invece lo Stato autoritario. Nel conflitto fra le due memorie, la prima ha finito sempre per soccombere, mentre la seconda ha alimentato, i dagli anni brežneviani, il nascente nazionalismo, che è diventato, dopo il naufragio dell’Urss e il disincanto nei confronti dell’Occidente, l’ossatura della nuova ideologia di Stato della Russia postcomunista.
Il romanzo della Vespa
di Andrea RapiniPubblicato sul numero 244 di Italia Contemporanea, settembre 2006
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Abstract: Questo saggio si propone di ricostruire la genesi di un’idea: lo scooter Vespa, presentato ufficialmente al mercato nel 1946 dalla Piaggio di Pontedera. Nella prima parte si racconta l’autonomizzazione di un campo internazionale degli scooter tra Europa e Usa nel corso del Novecento. Un campo che, distintosi dai motocicli per caratteristiche proprie, poteva già vantare prima del 1945 numerosi esemplari conosciuti anche in Italia. Nella parte centrale si dimostra l’esistenza di alcuni scooter italiani prima della comparsa della Vespa e soprattutto si porta alla luce un discorso pubblico polifonico sulla necessità di fabbricare una "moto del popolo" alla fine degli anni trenta. Una delle voci più incisive e influenti che sostengono l’importanza di una moto utilitaria fu Renato Tassinari, direttore di "Il Littoriale", consigliere nazionale della Camera dei fasci nella Corporazione della carta e della stampa e grande ammiratore della Germania nazista. Tassinari — assunto nel dopoguerra dalla Piaggio in qualità di direttore della rivista aziendale — può considerarsi l’anello di congiunzione tra la Vespa e gli scooter della stagione antecedente al 1945. Nella parte finale si sottolineano le grandi qualità imprenditoriali della Piaggio già durante gli anni trenta, il buon livello tecnologico delle sue officine e la vocazione di lungo periodo alla diversificazione nell’ambito del settore dei trasporti. Qualità, queste, che consentirono il salto indolore dall’aeronautica ai motoscooter dopo il 1945. Tuttavia, il tassello di chiusura per comprendere la genesi dell’idea è la storia della traiettoria sociale dell’ing. Corradino D’Ascanio, l’inventore della Vespa. Il saggio riassume insomma tutte le condizioni di possibilità, interne ed esterne all’impresa, per la nascita del più famoso scooter del mondo.
Balbo e la preparazione della guerra in Africa settentrionale
di Lucio CevaPubblicato sul numero 243 di Italia Contemporanea, giugno 2006
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Abstract: I progetti elaborati da Balbo a partire dal 1935-1936 hanno alcune caratteristiche comuni, tra le quali l’assenza di previsioni sulle modalità con cui operare in territorio desertico; la mancanza di studi sui problemi di viabilità su piste costiere e percorsi interni (e la disponibilità dei mezzi necessari); la sopravvalutazione numerica del nemico, accompagnata dall’inadeguata attenzione al suo addestramento e alla disponibilità di mezzi. Due errori, questi ultimi, che producono l’incomprensione della reale forza britannica, che aveva puntato fin da i primi anni trenta sull’addestramento delle forze corazzate. Il saggio analizza il succedersi dei progetti militari, dall’ipotesi di offensiva verso Egitto e Suez, al suo siluramento da parte di Badoglio, ai progetti nutriti da Balbo ancora dopo il settembre 1939 (quando solo gli studi offensivi verso Grecia e Jugoslavia intaccano la direttiva della difesa assoluta su tutti i fronti). Ma nel maggio 1940, quando viene decisa l’entrata in guerra, i progetti offensivi di Balbo sono come svaniti, mentre sempre più chiare gli appaiono le deficienze italiane in termini di armamenti. La sua breve guerra — Balbo viene abbattuto dalla contraerea italiana il 28 giugno — palesa tutta l’arretratezza della preparazione italiana, dovuta in primis a Pariani e Badoglio. Come le massime autorità militari italiane, Balbo continuava a valutare la forza militare in rapporto, in primo luogo, al numero dei soldati, un grave errore di fronte a un nemico capace — con mezzi limitati ma personale ben addestrato — di mettere in scena un conflitto di cui il quadrumviro, nonostante qualche sprizzo di lucidità, non aveva neppure sospettato l’esistenza.
L’Onu e l’Amministrazione fiduciaria italiana in Somalia. Dall’idea all’istituzione del trusteeship
di Antonio MoronePubblicato sul numero 242 di Italia Contemporanea, marzo 2006
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Abstract: Il trusteeship system delle Nazioni Unite fu un esperimento che si proponeva di innovare l’amministrazione coloniale. In particolare, esso era finalizzato al dominio di una potenza europea su popolazioni altre mediante una nuova forma amministrativa, nell’interesse sia delle popolazioni locali, che erano avviate all’indipendenza, sia della pace e della sicurezza mondiale. L’esperimento doveva però scontare un carattere intrinsecamente compromissorio nelle sue dinamiche politiche, fattuali e ideali: è vero che i territori sotto tutela fecero passi più o meno importanti in quel percorso di preparazione all’indipendenza che sottintendeva il trusteeship, ma riacquistarono la loro indipendenza solo in forza del progressivo collegamento della particolare vicenda fiduciaria alla questione dei territori non autonomi e al processo di decolonizzazione nel suo complesso. L’Italia partecipò attivamente a questo percorso storico attraverso l’Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia (Afis). Nonostante alcune peculiarità locali, il trusteeship somalo si inscrive nella contrapposizione che progressivamente emerse all’interno delle Nazioni Unite tra il club degli amministratori e i paesi anticolonialisti, tra un’interpretazione restrittiva e legalista o una estensiva e progressista degli obiettivi fiduciari. L’Italia operò in collegamento con le altre potenze amministratrici e sfruttò a proprio vantaggio le disfunzionalità dell’United Nations Advisory Council of Somalia. D’altro canto la disciplina particolarmente stringente della convenzione somala, lo status dell’Italia di ex potenza coloniale a tutti gli effetti e l’intento del governo italiano di utilizzare l’Afis per il reinserimento del paese nel consesso politico internazionale, dopo i trascorsi fascisti, garantirono un’interpretazione progressista del mandato.
Tra pubblico e privato. Suffragio e divorzio nella Spagna della Seconda Repubblica
di Ana AguadoPubblicato sul numero 241 di Italia Contemporanea, dicembre 2005
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Abstract: In questo articolo si analizza il significato della Seconda Repubblica spagnola secondo una prospettiva di genere. Si indagano dunque i mutamenti sperimentati dalle relazioni di genere nell’ambito pubblico e in quello privato in funzione del contesto politico e ideologico repubblicano, ma anche i limiti e le persistenze dei modelli culturali. Per affrontare entrambe le questioni, l’attenzione è focalizzata su due riforme introdotte per la prima volta in Spagna in quel periodo storico: il suffragio femminile e il divorzio. Le norme legislative che ne regolarono l’introduzione ebbero importanti ripercussioni sulla vita pubblica e sulla vita privata delle donne spagnole. Fra l’altro da un lato portarono alla conquista della cittadinanza politica femminile, e dunque per la prima volta alla realizzazione di un effettivo suffragio universale. Dall’altro con la legge sul divorzio, sancirono, anche in questo caso per la prima volta, una concezione del matrimonio come contratto suscettibile di scioglimento, e dunque come elemento fondamentale della laicità repubblicana.
Gli orfani del duce. I fascisti dal 1943 al 1946
di Andrea MammonePubblicato sul numero 239-240 di Italia Contemporanea, giugno-settembre 2005
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Abstract: Il neofascismo italiano, quanto meno come stato psicologico, nasce e si sviluppa a partire dal 1943. Esso trova la sua naturale rappresentazione politica e parlamentare con la nascita del Movimento sociale italiano. Per tale motivo non si potrebbe comprendere il profilo dei militanti missini, il loro arroccamento ideologico, il mantenimento quasi maniacale della propria identità, la sorta di chiusura verso il mondo esterno, la mitizzazione continua dell’immagine di Mussolini, senza analizzare il periodo che va dall’armistizio dell’8 settembre 1943 fino alla nascita del partito nel dicembre 1946. Tale momento storico, caratterizzato da un intrecciarsi di sentimenti di fedeltà, solitudine e rivalsa, forgia infatti il popolo e gli ideali neofascisti. Si cercherà quindi di ricostruire tale periodo guardando esclusivamente a coloro che scelsero di non tradire il duce e di aderire alla Repubblica sociale italiana, tenendo in considerazione che la guerra, l’armistizio, l’esperienza repubblichina, il fascismo clandestino, i problemi dei reduci nel dopoguerra, le difficoltà dell’essere fascisti in un’Italia che fascista pretendeva di non esserlo più, influenzarono il Msi probabilmente più di quanto non abbiano influenzato altri partiti dell’arco costituzionale.
"Me ciami Brambilla e fu l'uperari". Culture e atteggiamenti dei giovani operai negli anni delle rivolte
di Diego GiacchettiPubblicato sul numero 238 di Italia Contemporanea, marzo 2005
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Abstract: Contrariamente a una tradizione consolidata e più conosciuta tra chi si occupa di storia dei movimenti e del Sessantotto in particolare — quella che lo paragona con la rivoluzione dei popoli europei del 1848 —, nel saggio il parallelismo è posto tra i due bienni rossi della storia italiana del Novecento, intendendo per essi gli anni 1919-1920 e 1968-1969. Nell’esaminare i due eventi si fa ricorso alla categoria di generazione e si prova a interpretare le vicende e i conflitti dei due bienni rossi anche come scontro tra generazioni, un contrasto che a volte spacca e divide le classi sociali, i sindacati, i movimenti e i partiti politici. Assai diversi sono i contesti storici messi a confronto, così come lo sono quelli economici, sociali e culturali del nostro paese all’inizio del Novecento e, successivamente, negli anni sessanta, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la ricostruzione, il boom economico, il passaggio da un’economia prevalentemente agricola a una industriale. Immediatamente diversi furono anche gli esiti politici seguiti ai due bienni presi in esame: nel primo caso si affermò, dopo quello "rosso", il biennio "nero" che portò in poco tempo Benito Mussolini alla Presidenza del Consiglio; nel secondo caso, invece, si assistette a un allargamento e a un rafforzamento delle forze politiche e sindacali della sinistra vecchia e nuova in un quadro di trasformazione complessiva della società italiana che riguardava usi, costumi, mentalità e abitudini più che il quadro politico istituzionale.
Ultime lettere. Scritti di fucilati e deportati della Resistenza
di Mimmo FranzinelliPubblicato sul numero 237 di Italia Contemporanea, dicembre 2004
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Abstract: Successivamente al pionieristico lavoro di Piero Malvezzi e di Giovanni Pirelli sulle lettere dei condannati a morte della Resistenza, pubblicato in prima edizione nel 1952 da Einaudi, il reperimento e lo studio degli epistolari dei fucilati partigiani hanno segnato persistenti ritardi, quasi che quell’antologia compendiasse il materiale esistente e la "sacralità" di una documentazione così particolare sconsigliasse l’analisi storiografica. Le Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza, curate da Mimmo Franzinelli per Mondadori in occasione del sessantennale della liberazione, rilanciano la ricerca, secondo una ripartizione in quattro categorie: i fucilati, i deportati politici, i deportati razziali e gli autori di testamenti spirituali. "Italia contemporanea" anticipa la parte iniziale del saggio introduttivo al libro, corredata con il materiale su dieci antifascisti (quattro dei quali non inclusi nel volume): i profili biografici, la trascrizione delle lettere e la documentazione fotografica. I personaggi dei quali si riproducono qui gli ultimi scritti sono Alessandro Bianconcini, "rivoluzionario professionale" già volontario con le Brigate internazionali nella guerra civile spagnola; il partigiano genovese Dino Bertetta; il democristiano alessandrino Giuseppe Bocchiotti; il giovane lombardo Evandro Crippa; il gappista veneziano Ernesto D’Andrea; il cospiratore romano Gerardo De Angelis trucidato alle Fosse Ardeatine; il cattolico bresciano Vittorio Grasso Caprioli fucilato perché aveva disertato dalla "Monterosa" per unirsi ai partigiani liguri; il comandante partigiano del Friuli orientale Mario Modotti; il socialista bolognese Gino Onofri; l’ufficiale italo-ellenico Emanuele Tiliacos che - riparato in Svizzera dopo i combattimenti seguiti all’armistizio - rimpatriò con alcuni compagni per combattere i nazifascisti.
Quei ponti sospesi (attraverso l'oceano). Giorgio La Pira e le voci dall'America latina
di Massimo De GiuseppePubblicato sul numero 236 di Italia Contemporanea, settembre 2004
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Abstract: Se più conosciuti e studiati dagli storici risultano i trascorsi di La Pira come uomo "mediterraneo" e del dialogo Est-Ovest negli anni della guerra fredda, riscoprire i rapporti instaurati con l’America centro-meridionale ci permette di gettare nuova luce sul particolare pacifismo lapiriano e sulla sua idea di carità "strutturale". Il saggio parte dai primi contatti instaurati dal sindaco fiorentino con le rappresentanze diplomatiche latinoamericane, per dipanarsi poi lungo una serie di esperienze di collaborazione, sensibilizzazione, denuncia politica e impegno culturale, sviluppatesi tra gli anni sessanta e settanta. Emerge da un lato la capacità di La Pira di cogliere i segni e i fermenti dei mondi extraeuropei e dall’altra il suo ruolo di catalizzatore per molti giovani impegnati nella denuncia di violazioni dei diritti umani e di situazioni di disagio politico e socio-economico. Emblematici risultano i tentativi di La Pira di mobilitarsi a favore della liberazione di Régis Debray e per salvare la vita a Ernesto "Che" Guevara in Bolivia. Centrali nel lavoro risultano però soprattutto le parti dedicate ai rapporti instaurati con il vescovo brasiliano Helder Camara e con il presidente cileno Salvador Allende: prolungato il primo (dagli anni del Concilio Vaticano II alla morte di La Pira nel 1977), molto più breve il secondo (dal viaggio a Santiago dell’autunno del 1971 al golpe di Pinochet) ma entrambi intensi sia sotto il profilo politico che spirituale. Il saggio si chiude con un richiamo di forte attualità alla "unità dei diversi" e alla priorità del diritto nelle relazioni internazionali che La Pira fece in occasione di un seminario del 1974 dell’Associazione di studi sociali latinomericani. Quasi tutte le fonti utilizzate sono inedite e in buona parte provengono dalle carte personali del sindaco conservate nell’archivio della Fondazione La Pira a Firenze.
Un fallimento del fascismo all’estero. La costruzione delle piccole Italie nella Germania nazista
di Claudia BaldoliPubblicato sul numero 235 di Italia Contemporanea, giugno 2004
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Abstract: La ricchezza di studi sull’emigrazione italiana in Germania nel XIX secolo contrasta con la scarsità di ricerche sul periodo fascista, se si escludono quelle sugli anni dell’emigrazione forzata dal 1938, più spedizione coatta di manodopera che reale fenomeno migratorio. Questo articolo ricostruisce il rapporto fra emigrati e fascismo in Germania durante gli anni trenta, analizzando le celebrazioni patriottiche (della grande guerra, della marcia su Roma e del decennale), il cinema e le scuole italiane. Il cinema era una delle principali fonti di propaganda, rappresentativo dei valori che andavano esportati fra gli italiani all’estero. Le scuole erano l’istituzione più importante per il rapporto tra fasci, consolati e comunità; questa ricerca ne descrive l’impatto sulle comunità italiane, studiando i programmi d’insegnamento, il lavoro delle maestre, le difficoltà, i risultati. La storia del fascismo italiano in Germania è una storia di continue frustrazioni per i fascisti, che non riuscivano a creare Little Italies tra le comunità italiane. A tale insuccesso contribuivano sia le misere condizioni economiche degli emigrati sia la colpa del "tradimento" nella prima guerra mondiale che pesava sull’Italia. Il nuovo regime hitleriano ebbe un impatto positivo sulle attività dei fasci; tuttavia, come mostrano i documenti degli archivi di Roma e di Berlino, queste attività non erano il prodotto di una spontanea conversione degli italiani al fascismo, ma piuttosto un accordo tra due regimi che cercavano una politica culturale comune. Il saggio dimostra quindi che se in linea di principio il regime hitleriano sembrava favorire i fasci, di fatto ne divenne un ostacolo. Mentre nel 1935-1936 in Gran Bretagna la fascistizzazione prendeva la forma di nazionalismo antinglese, in Germania i fasci erano controllati dal regime hitleriano e la germanizzazione degli italiani non poteva essere contrastata. A livello della politica estera invece continuava la collaborazione tra i due regimi, tanto da dare il via all’emigrazione forzata del 1938.
Gli italiani e il senso dello Stato
di Oscar Luigi ScalfaroPubblicato sul numero 234 di Italia Contemporanea, marzo 2004
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Abstract non disponibile
Chiesa e questione coloniale. Guerra e missione nell'impresa d'Etiopia
di Lucia CeciPubblicato sul numero 233 di Italia Contemporanea, dicembre 2003
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Abstract: Il saggio ricostruisce le posizioni assunte nel corso del conflitto italo abissino dai missionari italiani presenti in Etiopia, attraverso un’ampia esplorazione archivistica. Al momento della preparazione della guerra gli unici religiosi italiani in Etiopia erano i padri dell’Istituto della Consolata di Torino, che sino a quel momento erano riusciti a istaurare e mantenere rapporti di collaborazione con il governo etiopico. L’operazione italiana in Abissinia, intesa come propaganda e come azione politica e militare, indusse nell’atteggiamento dei missionari un cambiamento radicale, che si manifestò principalmente nella loro tendenza ad assecondare le richieste provenienti dal governo italiano. Quest’ultimo rispetto alla missione della Consolata si mosse lungo due direttrici: cercò di coinvolgere i religiosi in piani strategici miranti a creare il casus belli; si servì della conoscenza che i missionari avevano degli idiomi, delle popolazioni e del territorio abissini. Con lo scoppio delle ostilità i missionari italiani furono costretti dal governo etiopico a lasciare il paese. Alcuni di loro si arruolarono come cappellani militari, avendo in taluni casi un ruolo rilevante in operazioni belliche. Da parte della rivista della Consolata iniziò una trascrizione della guerra in termini missionari, in linea con numerose prese di posizione di parte cattolica. Negli anni dell’Impero il governo fascista ridimensionò il ruolo dei missionari italiani, che furono poi definitivamente travolti dalla seconda guerra mondiale, con l’arrivo degli inglesi in Africa Orientale.
Un accordo segreto tra Italia e Rft sui criminali di guerra. La liberazione del "gruppo di Rodi" del 1948-1951
di Filippo FocardiPubblicato sul numero 232 di Italia Contemporanea, settembre 2003
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Abstract: Il 16 ottobre 1948 il tribunale militare di Roma condannava quattro militari tedeschi come criminali di guerra. Il generale Otto Wagener, il maggiore Herbert Nicklas, il capitano Walter Mai e il caporale Johann Felten venivano giudicati responsabili della fucilazione di ventinove prigionieri di guerra italiani sull’isola di Rodi e condannati a pene detentive che andavano dai 9 ai 15 anni. I quattro del cosiddetto "gruppo di Rodi" rappresentavano il nucleo numericamente più consistente dei criminali di guerra tedeschi processati in Italia. La loro vicenda è significativa del corso della giustizia italiana. A partire dall’estate del 1949 veniva intrapresa una serie di azioni per la loro liberazione. La prima istanza che si adoperò a favore dei prigionieri tedeschi fu la Santa Sede. Un ruolo importante ebbe soprattutto il vescovo austriaco Alois Hudal, rettore del Collegio teutonico presso la chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma. Nel 1950 intervenne direttamente il governo della Repubblica federale tedesca, legato da stretti rapporti politici con il governo italiano di De Gasperi. Risolutivo fu l’incontro avvenuto a Roma il 26 novembre 1950 fra il segretario generale del ministero degli Esteri, Vittorio Zoppi, e l’inviato di Adenauer, Heinrich Höfler. L’intesa raggiunta prevedeva la liberazione di tutti i criminali di guerra tedeschi condannati in Italia con sentenza passata in giudicato. Da parte italiana si chiese la massima discrezione affinché niente trapelasse nell’opinione pubblica. Fra il febbraio e il maggio 1951 il presidente della Repubblica Luigi Einaudi firmò quattro decreti di grazia per i militari del "gruppo di Rodi", che furono rimessi in libertà. L’ultimo di questi fece ritorno in Germania il 7 giugno 1951, pochi giorni prima della visita di Stato a Roma del cancelliere Adenauer.
Spesa pubblica o consumi privati? Verso una re-interpretazione dell'economia italiana postbellica
di Giuseppe MaionePubblicato sul numero 231 di Italia Contemporanea, giugno 2003
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Abstract: È diffusa l’opinione secondo la quale l’economia italiana postbellica sarebbe stata caratterizzata da una crescita impetuosa, ma viziata da serie distorsioni. In luogo dei consumi "civili" e socialmente rilevanti, quali ospedali, scuole, trasporti pubblici, avrebbero avuto eccessivo rilievo i consumi privati, e in particolare quelli definiti come "opulenti", vale a dire automobili, elettrodomestici, case di proprietà. In realtà è possibile dimostrare, sulla base di un confronto con altri paesi europei, che l’Italia degli anni cinquanta e sessanta fu il fanalino di coda nello sviluppo di settori che a buon diritto possono essere considerati come "moderni", in quanto comparti trainanti in tutte le economie evolute. E che soltanto con un ritardo di dieci o venti anni essa ha potuto allinearsi, su questo terreno, con i partner della Cee. È forse lecito ipotizzare che gli squilibri sociali e l’instabilità politica che hanno segnato la nostra storia del dopoguerra abbiano a che vedere con tale ritardo economico e produttivo.
A Giovanni Pirelli. L'intitolazione della sala di studio dell'Insmli nella nuova sede
di Oscar Luigi Scalfaro, Mimmo Franzinelli, Sergio CofferatiPubblicato sul numero 230 di Italia Contemporanea, marzo 2003
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Abstract non disponibile
L'antifascismo tra Italia ed Europa
di Leonardo RaponePubblicato sul numero 229 di Italia Contemporanea, dicembre 2002
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Abstract: In questo saggio si abbozza un quadro del rapporto tra l’antifascismo come categoria politica italiana e l’antifascismo come categoria politica internazionale. Negli anni venti l’antifascismo è un’esperienza tipicamente italiana, e dal caso italiano nasce l’antifascismo come insegna comune di una pluralità di forze, una risorsa politica che il comunismo internazionale scopre e valorizza solo più tardi. Con la crisi di Weimar l’antifascismo assume una dimensione internazionale, in cui vanno distinti due piani: quello della passione e quello dell’innovazione politica. La forza espansiva del primo è evidente ovunque in Europa, mentre l’efficacia dell’antifascismo come fattore di innovazione politica anche nei paesi democratici è assai più problematica. L’isolamento dell’antifascismo italiano in Europa si rompe solo con l’avvento dei fronti popolari, quando per la prima volta la particolare esperienza italiana entra in comunicazione con quella di un arco internazionale di forze politiche. L’immedesimazione con lo spirito dei fronti popolari riguarda anche Gl, sebbene la sintesi politico intellettuale giellista non abbia eguali nel panorama delle culture politiche europee. La crisi dei fronti popolari infrange l’immagine dell’unità ideale dell’antifascismo, ma nel caso italiano, a differenza che altrove, non determina una rottura tra antifascismo comunista e non comunista. Dopo una fase di eclissi, l’antifascismo internazionale risorge dalle ceneri quando la guerra mondiale, nata come guerra "senza ideologia", diviene l’espressione militare della "guerra civile internazionale".
Fascismo e controllo sociale
di Paul CornerPubblicato sul numero 228 di Italia Contemporanea, settembre 2002
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Abstract: L’autore contesta l’odierno frequente ricorso al concetto di consenso popolare onde rivedere il tradizionale giudizio negativo sul regime fascista. In tale prospettiva egli valuta non solo il peso dell’apparato repressivo fascista, ma anche il condizionamento esercitato dal Pnf e dai sindacati di regime nonché il ruolo delle organizzazioni previdenziali e assistenziali, cercando di rispondere al quesito cruciale circa chi fossero i beneficiari di queste istituzioni. Ne scaturisce il quadro di un controllo sociale talmente capillare da non lasciare alla gente alcuna effettiva libertà di scelta. Sulla base di questi dati fattuali parlare di consenso della maggioranza della popolazione al fascismo non ha a suo avviso fondamento alcuno, sicché ingiustificato risulta il tentativo di rivalutare sul piano storico il regime fascista attraverso il concetto di consenso.
Dal partito del 18 aprile 1948 al "partito pesante". La Democrazia cristiana nel 1951
di Agostino GiovagnoliPubblicato sul numero 227 di Italia Contemporanea, giugno 2002
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Abstract: A partire dal giugno 1950, la situazione politica italiana fu soprattutto condizionata dalla guerra di Corea, tra le cui conseguenze ci fu l’introduzione di un indirizzo dirigistico di politica economica: contrasti e divisioni su questo terreno portarono alle dimissioni della Direzione della Dc nella primavera 1951. Tali dimissioni vennero discusse al Consiglio nazionale di Gottaferrata, nel giugno successivo, in una situazione profondamente cambiata dall’esito delle elezioni amministrative precedenti, caratterizzate da un forte ridimensionamento della Dc. Le dimissioni della Direzione vennero ritirate, ma in quel Consiglio nazionale vennero poste le premesse di un nuovo governo, del ritiro di Dossetti dalla politica e, più tardi, della segreteria Fanfani. Secondo Gianni Baget Bozzo, la Dc avrebbe perso allora la sua "anima", abbandonando le sue radici cattoliche e accettando una subalternità ideale al comunismo. In realtà, tale esito supporrebbe una curiosa inversione delle parti tra ex popolari, a cui i giovani attribuivano un eccesso di laicità, e dossettiani, di cui è nota l’impronta esplicitamente "cattolica". Qualunque giudizio si voglia dare sul passaggio generazionale, la documentazione mostra che la strada verso il "partito pesante" è stata aperta dagli uomini della vecchia generazione, preoccupati di contrastare più efficacemente il comunismo. In questo senso, il ritiro di Dossetti dalla politica sembra da collegarsi alla fine della stagione inaugurata dal 18 aprile 1948. Analogamente, appare riduttivo parlare di uno scivolamento della Dc verso il pragmatismo a causa del "tradimento" di Fanfani: al di là delle scelte dei protagonisti, la "secolarizzazione" del partito è stata soprattutto indotta da trasformazioni che la Dc non ha voluto, ma piuttosto subito.
Al capezzale di Mussolini. Ferite e malattia 1917-1945
di Paul O' BrienPubblicato sul numero 226 di Italia Contemporanea, marzo 2002
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Abstract: Il saggio mette in discussione la tesi universalmente accolta circa l’esistenza di un nesso causale tra le due seguenti proposizioni: "Nel febbraio 1917 Benito Mussolini fu ferito dall’esplosione accidentale di un lanciagranate italiano. Non tornò più al fronte". I biografi di Mussolini non hanno mai approfondito seriamente la questione, nonostante l’Archivio centrale dello Stato conservi un’importante documentazione al riguardo. Nell’unica occasione in cui questo materiale è stato preso in esame, lo si è utilizzato per confermare l’esistenza di un rapporto tra l’assenza di Mussolini dal fronte e la sua ferita. L’autore, sulla scorta dei pareri rilasciatigli da due consulenti medici che hanno esaminato i documenti, insinua forti dubbi sulla gravità delle ferite di Mussolini, arrivando anche a sostenere che esistono ragioni fondate per mettere in discussione legittimamente il fatto che Mussolini sia stato coinvolto in prima persona nel succitato incidente. O’Brien solleva inoltre un altro problema cruciale: sebbene le ferite di Mussolini non giustifichino la prolungata convalescenza prescrittagli, dalla documentazione medica relativa al 1917 si desume che già in quel momento egli poteva effettivamente essere gravemente ammalato. Se la diagnosi di uno dei consulenti dell’autore è corretta, allora l’annosa questione circa la natura della malattia di cui soffrì il duce nei suoi ultimi anni trova una risposta e l’intera questione della sua storia medica deve essere rivista.
La memoria pubblica dell’antifascismo
di Gianpasquale SantomassimoPubblicato sul numero 225 di Italia Contemporanea, dicembre 2001
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Abstract: La memoria pubblica dell’antifascismo è contrastata e minoritaria nella società italiana fino al 1960. Sussistono e si confrontano tradizioni antifasciste spesso conflittuali e nutrite di analisi e propositi divaricanti. La svolta del luglio 1960 è il momento di inversione di questa tendenza. Solo a quasi vent’anni dalla conclusione degli eventi si cercherà di fare dell’antifascismo un valore largamente diffuso e condiviso, "paradigma" unificante del comune sentire della grande maggioranza degli italiani. Negli anni del centrosinistra la Resistenza viene intesa non solo come "evento fondatore" della Repubblica, ma anche punto di partenza per la crescita democratica e sociale del paese. Ma a partire da questa apparentemente stabile collocazione della Resistenza nel Pantheon repubblicano si producono anche fiumi di vuota retorica, che suscitano diffidenza nelle generazioni più giovani. Si introduce nelle celebrazioni ufficiali la formula, abbastanza illusoria e infondata, di un "popolo unito in lotta contro la tirannide". Il problema del fascismo nella storia italiana, eluso nel decennio precedente, viene ora risolto circoscrivendo nei minimi termini la sua portata. Si riproduce la tendenza all’autoassoluzione degli italiani, la rimozione del problema delle "responsabilità collettive" di fronte al fascismo. Nel corso degli anni settanta sembra chiudersi di fatto il lungo periodo in cui l’antifascismo aveva attraversato la storia repubblicana nella duplice veste di vinto e vincitore; ora l’antifascismo, alla vigilia della sua eclissi, è innegabilmente "ufficialità" e appare vincitore, se pure in lotta contro pericoli nuovi e inediti. È un periodo in cui esiste realmente, in forme impreviste, un "antifascismo di massa" che è profondamente diviso al suo interno. Il delitto Moro segna, visto retrospettivamente, l’esaurirsi della solidarietà democratica, e l’antifascismo paga il forte investimento effettuato su di essa dai contraenti di quella politica. Con la perdita di centralità dell’antifascismo l’Italia di fatto prenderà una strada diversa rispetto all’evoluzione della coscienza occidentale, che riscoprirà proprio a partire dagli anni ottanta, attraverso la consapevolezza della portata della Shoah, l’enormità del problema storico del fascismo europeo, del suo successo, del consenso ottenuto, della catastrofe innescata. Si apriranno, anche su questo terreno, i termini di una nuova "anomalia italiana", che conducono fino ai nostri giorni.
Genere, consumi, comportamenti negli anni cinquanta. Italia e Stati Uniti a confronto
di Elisabetta Bini, Enrica Capussotti, Giulietta Stefani, Elisabetta VezzosiPubblicato sul numero 224 di Italia Contemporanea, settembre 2001
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Abstract non disponibile
Drieu La Rochelle. Avventura e sventura della politica in un homme de lettres
di David BidussaPubblicato sul numero 223 di Italia Contemporanea, giugno 2001
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Abstract: La scrittura letteraria e saggistica di Pierre Drieu La Rochelle (1893-1945) costituisce un indicatore ricco per individuare ed evidenziare la genesi e la strutturazione del lessico politico della destra nel corso del Novecento. Scopo di questo studio è quello di considerare il modo e i temi che danno corpo a quel lessico: la figura della donna, la questione della decadenza, i contenuti dell’immaginario politico che sono sottesi all’idea di Europa, l’esaltazione di una comunità di cavalieri antimoderni, il disprezzo della politica come terreno del pubblico confronto che permetta ai subalterni di avere diritto di parola, il rifiuto dello "slavo" come "barbaro" e allo stesso tempo l’esaltazione della sua indifferenza e incorruttibilità rispetto alle sirene della tecnica e dell’americanizzazione. Sono questi alcuni dei motivi e dei costrutti culturali che costituiscono la cifra della scrittura pubblica di Drieu e che allo stesso tempo delineano la fisionomia di una comunità politica che, senza cadere nel fascino del mito del maledetto di Céline, ha il cuore della sua genealogia culturale e argomentativa nelle pagine di Drieu.
“La Donna” 1904-1915. Un progetto giornalistico femminile di primo Novecento
di Donatella AlesiPubblicato sul numero 222 di Italia Contemporanea, marzo 2001
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Abstract: Dopo aver analizzato le vicende editoriali della rivista femminile illustrata "La Donna", fondata a Torino nel dicembre del 1904 come supplemento dei quotidiani "La Stampa" e "La Tribuna" e poi pubblicata autonomamente come magazine quindicinale, l’articolo illustra i principali temi proposti dalla testata durante l’età giolittiana, mettendo in evidenza le peculiarità di un esperimento nato dal processo di modernizzazione della stampa italiana dell’età liberale e dall’autorevolezza politica e culturale di un’esponente del movimento emancipazionsta torinese come Marianna Clelia Abate Arcostanzo, nota anche con lo pseudonimo di Donna Maria. Nella prospettiva del rovesciamento del modello ottocentesco della stampa destinata alle donne, l’articolo descrive le principali linee di un progetto giornalistico mirato alla valorizzazione della moderna immagine delle italiane nelle professioni e nelle arti. L’articolo si sofferma, infine, sul ruolo svolto dalla rivista nel dibattito politico e teorico del movimento emancipazionista italiano nel primo decennio del Novecento.
Programmi, passioni, ritratti singoli e di gruppo. Il movimento politico delle donne negli studi di Annarita Buttafuoco
di Patrizia GabrielliPubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract: L’articolo propone alcune possibili chiavi di lettura dell’itinerario intellettuale di Annarita Buttafuoco, storica del movimento politico delle donne, prematuramente scomparsa il 26 maggio del 1999. La sua ricca e ampia produzione scientifica abbraccia oltre due secoli di storia, dall’eco della rivoluzione francese in Italia e la costituzione delle repubbliche giacobine, alle lotte per il suffragio e l’emancipazione delle donne in età liberale, fino al secondo dopoguerra con la conquista del diritto di voto e la fondazione della Repubblica. Gabrielli ripercorre i diversi passaggi e sottolinea le innovazioni metodologiche di un lungo e fitto itinerario di ricerca che ha origine intorno alla metà degli anni settanta, con i primi saggi di critica storiografica pubblicati dalla rivista "DWF donna woman femme", di cui Buttafuoco è stata cofondatrice, inserendolo nel più ampio dibattito che investe la storia delle donne e quella politica. La centralità dei soggetti nella storia, lo studio del movimento delle donne nelle sue espressioni politiche e sociali, il rapporto con le istituzioni e con le pratiche della cittadinanza sono le tre principali chiavi di lettura proposte dall’autrice che pone in rilievo nuove categorie di indagine, periodizzazioni e il ricorso a una ampia gamma di fonti documentarie, che hanno aperto scenari inediti sulla storia dei movimenti per l’emancipazione in Italia e indicano, nel contempo, altri possibili territori di indagine. Il "mestiere di storica" non è disgiunto, nella biografia di Annarita Buttafuoco, da un costante impegno di organizzatrice culturale volto al potenziamento dei luoghi di produzione scientifica e politica delle donne, così come determinato è stato il suo intervento in favore di una didattica della Storia rinnovata sia nelle università sia in altri ambiti, come testimonia la Scuola estiva di storia e culture delle donne di cui è stata la principale promotrice e che, dall’agosto del 1999, porta il suo nome.
Un ebreo antifascista 1925-1945
di Riccardo BottoniPubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract non disponibile
La riflessione morale
di Amedeo VigorelliPubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract non disponibile
Gli anni francesi
di Francesca Melzi d’Eril KaucisviliPubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract non disponibile
La dignità dell’insegnamento e la passione politica
di Maria Luisa CicalesePubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract non disponibile
Un originale osservatore della questione giovanile
di Alberto De BernardiPubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract non disponibile
Il compagno di redazione
di Paolo MurialdiPubblicato sul numero 220-221 di Italia Contemporanea, settembre-dicembre 2000
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Abstract non disponibile
L’Insmli e la rete degli Istituti associati. Cinquant’anni di vita
di Enzo CollottiPubblicato sul numero 219 di Italia Contemporanea, giugno 2000
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Abstract: Il testo riproduce la relazione presentata al convegno sui cinquant’anni dell’Istituto nazionale nel marzo del 2000. Esso ripercorre le tappe della formazione e dello sviluppo dell’Istituto, nel suo intreccio con la storia politica del paese e con i progressi della storiografia, proponendosi altresì una riflessione critica e autocritica sia sulle sue realizzazioni sia sugli obiettivi mancati o insufficientemente conseguiti. Dopo aver sottolineato in particolare le due istanze fondamentali — tutela dell’autonomia e scientificità nel pluralismo del suo lavoro — che ne hanno caratterizzato la continuità, il testo si sofferma sui problemi non risolti — a partire dall’insufficiente contributo pubblico che non ha mai consentito un reale consolidamento delle fragili strutture dell’Istituto — che ne hanno costantemente condizionato l’esistenza, senza tuttavia spezzare il nesso tra ricerca e impegno civile, sfociato negli ultimi anni nel coinvolgimento sempre più stretto dell’Istituto nazionale e di quelli associati nelle iniziative di carattere didattico. Problemi nuovi si pongono dunque oggi in un contesto politico-culturale profondamente cambiato, che richiede un ripensamento globale della collocazione dell’Istituto nel paese e nello stesso panorama degli studi. Fra l’altro, l’Istituto deve affrontare oggi anche un cambiamento generazionale, che lo vedrà tra poco gestito unicamente da una generazione di studiosi che non avrà più alcun legame diretto con la lotta di liberazione. La salvaguardia della memoria della Resistenza e il rilancio della ricerca, oltre al recupero della collaborazione internazionale con gli altri analoghi istituti di altri paesi, si prospettano come i compiti prioritari della nuova fase cui va incontro la vita dell’Istituto, di cui è auspicabile il rilancio come centro animatore e non solo di coordinamento della rete degli istituti mediante un progetto culturale capace di mobilitare le energie e le risorse di centro e periferia.
Contadine e politica nel ventennio La Sezione Massaie rurali dei Fasci femminili
di Perry R. WillsonPubblicato sul numero 218 di Italia Contemporanea, marzo 2000
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Abstract: La storiografia relativa agli strumenti e ai modi con cui i fascisti cercarono di mobilitare le donne a favore del partito e della nazione finora si è principalmente incentrata sull’organizzazione delle giovani e sulle iscritte — per lo più del ceto medio — ai Fasci femminili. La vasta organizzazione di donne contadine di cui tratta l’articolo — la Sezione Massaie rurali dei Fasci femminili — invece non è stata praticamente oggetto di alcuna attenzione. Fondata nel 1933 come parte dei sindacati fascisti dei lavoratori agricoli, l’anno successivo, per sottolinearne il ruolo eminentemente politico, fu assorbita direttamente dal Pnf come sezione speciale dei Fasci femminili. Le sue iscritte, inizialmente scarse, crebbero gradualmente fino a raggiungere l’impressionante cifra di 2 milioni e mezzo, nel 1942; per la maggioranza si trattava di donne che mai prima avevano fatto parte di un’organizzazione politica. L’articolo, basato sulla stampa dell’epoca e su fonti d’archivio, esamina obiettivi e ideologia di questa enorme organizzazione e i suoi programmi di attività, molti dei quali riguardavano l’istruzione pratica nelle tecniche di coltivazione importanti per il ruolo delle donne nelle famiglie di mezzadri e piccoli proprietari, come l’allevamento di polli e conigli, l’orticultura e anche nell’economia domestica. Il programma di istruzione tecnica, comunque, dai fascisti era ritenuto secondario rispetto al ruolo politico dell’organizzazione, e tutte le attività di quest’ultima erano permeate da una buona dose di propaganda politica. Da ultimo, l’articolo prende in esame alcune delle svariate ragioni per cui un numero così ampio di donne si iscrisse all’organizzazione nonché le tecniche di reclutamento — che includevano sia il bastone sia la carota — utilizzate dalle organizzatrici fasciste per indurre le donne a iscriversi. Né sono trascurati le ragioni delle significative variazioni regionali nelle percentuali di iscritte e i modi in cui le stesse fasciste cercarono di adattare le modalità di reclutamento alle diverse condizioni locali.
L'antiamericanismo in Europa. Una prospettiva comparata
di David W. EllwoodPubblicato sul numero 217 di Italia Contemporanea, dicembre 1999
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Abstract: L’antiamericanismo, in quanto fenomeno culturale e psicologico, può essere definito dalla sua storia, o piuttosto da uno studio dell’evoluzione di tutte le più diffuse forme di antagonismo alla nazione, al popolo, alla civilizzazione degli Stati Uniti e alle iniziative prese da questi ultimi nel mondo. L’articolo identifica quattro radici dell’antiamericanismo e le esamina così come si sono storicamente presentate: le rappresentazioni; le immagini e gli stereotipi (dalla nascita della repubblica americana); l’esperienza collettiva condivisa (dall’epoca dell’immigrazione di massa); la sfida del modello americano di modernizzazione (dagli anni venti); la proiezione organizzata del potere economico, politico e culturale americano (a partire dalla seconda guerra mondiale). Le manifestazioni del fenomeno negli ultimi cinquant’anni sono state caratterizzate da combinazioni sempre mutevoli di questi fattori, la cui configurazione è dipesa da crisi interne ai gruppi e alle società in cui esse si producevano come anche da qualsiasi cosa abbia fatto, detto o prodotto la società americana, in ogni suo settore. Con l’ascesa della potenza americana, dopo il 1945, è avvenuto il cambiamento decisivo, ma senza i tre elementi sopra indicati — antecedenti e pretesti forniti dalla storia — questo sviluppo di per sé non avrebbe mai provocato o attirato i risentimenti, le invidie, gli antagonismi che si sono espressi nell’antiamericanismo classico.
Il piano Marshall e il centrismo. Il patto tra Stato e industria del 1948
di Carlo SpagnoloPubblicato sul numero 216 di Italia Contemporanea, settembre 1999
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Abstract: Il saggio, che fa uso di documenti italiani e americani, vuole mostrare che la stabilizzazione politica anticomunista si comprende nelle sue determinanti di fondo a partire dal suo rapporto con la politica internazionale. Dal giugno 1947 in poi il piano Marshall costituì il quadro entro cui si iscrisse la formulazione del centrismo e di tutta la politica degasperiana. L’esito delle elezioni del 18 aprile 1948 fu influenzato dall’approvazione legislativa del piano statunitense. La definizione e la dinamica del centrismo fu segnata dalla decisione di reintegrare rapidamente il paese nel mercato occidentale secondo le regole stabilite a Bretton Woods. Il ruolo di mediazione della Dc e l’esigenza di estenderlo costantemente furono in gran parte causati dall’estrema difficoltà di conciliare l’integrazione nel mercato mondiale con una struttura socio-economica arretrata e dualista. Il divario tra il paese e il blocco occidentale impose al governo di sviluppare una mediazione tutta politica basata sull’intervento pubblico e gli aiuti statunitensi. Il problema, presente sin dal 1945, divenne però drammatico dopo la definitiva rottura tra i due blocchi in occasione del piano Marshall, per le sue speciali ripercussioni nel rapporto tra classe operaia e il resto del paese. Le dinamiche di fondo e le principali contraddizioni del centrismo si rifletterono nella tensione tra una politica repressiva di "integrazione negativa" della classe operaia e una politica riformista che mirava, invece, a un’"integrazione positiva" dei ceti subalterni. Onde evitare la perdita della propria centralità (all’interno del paese e rispetto agli Usa), la Dc evitò o impedì qualsiasi scelta produttiva che, accelerando molto la modernizzazione, potesse sciogliere a suo danno la tensione con la classe operaia. L’uso dei fondi del piano Marshall in Italia riflette dunque motivazioni eminentemente politiche. Tra esse rientrava un patto implicito tra la Dc e gli imprenditori per un basso prelievo fiscale e il ritorno al profitto tramite gli appalti pubblici.
La crisi dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana. Un “caso” di portata nazionale
di Mario G. RossiPubblicato sul numero 215 di Italia Contemporanea, giugno 1999
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Abstract: La vicenda dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana, oggetto da anni di vivaci polemiche, rischia di essere letta come una questione locale, mentre presenta grosse implicazioni sia politiche che culturali di portata nazionale. Il tentativo di riformare in senso democratico-elettivo lo statuto dell’Isrt è stato aspramente contrastato da una minoranza di soci, sostenitrice del vecchio equilibrio ciellenistico, di fatto basato su una rigida lottizzazione tra le forze politiche. In funzione di questa opposizione è stata montata la denuncia della mancata pubblicazione delle carte Salvemini da parte dell’Istituto toscano, a riprova del suo atteggiamento partigiano e discriminatorio verso "una cultura storico-politica sgradita". Su questa base si è innestato un pesante attacco contro l’Istituto nazionale, volto a colpire non solo le sue iniziative di maggior respiro, come il convegno dell’aprile 1998 su "Fascismo e antifascismo", ma il suo stesso ruolo culturale nel campo storiografico e le sue nuove responsabilità nei programmi di aggiornamento degli insegnanti di storia. Gli attacchi, moltiplicatisi sulla stampa e in Parlamento, non hanno ricevuto adeguata risposta né dal ministero dei Beni culturali né dalle forze politiche più direttamente chiamate in causa. Un silenzio che, aggiunto alle crescenti difficoltà che stanno soffocando l’Insmli e alla situazione di crisi forse irreversibile in cui è precipitato l’Isrt, sembra adombrare una ulteriore conferma di quel revisionismo, non solo storiografico, che pone radici sempre più consistenti anche nel patrimonio politico e culturale della sinistra italiana.
La mobilitazione civile in Italia 1940-1943
di Paola FerrazzaPubblicato sul numero 214 di Italia Contemporanea, marzo 1999
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Abstract: L’organizzazione della mobilitazione civile e del fronte interno ebbe inizio negli anni venti e proseguì sino alla caduta del fascismo. La pronta mobilitazione delle risorse economiche, alimentari, umane e "spirituali" venne a lungo programmata e mai realizzata. Allo scoppio della guerra la mobilitazione dei civili apparve superflua; a partire dalla metà del 1941 divenne necessaria ma non ancora predisposta all’avvio; solo nel 1942 venne mobilitata una parte della popolazione. Anche l’organizzazione del fronte interno fu a lungo trascurata. Lo Stato si limitò ad inasprire le leggi penali per far rispettare un’inesistente disciplina di guerra. La perdita di controllo sulle dinamiche dei prezzi e dei salari generò un fenomeno di ampia mobilità nel mercato del lavoro, cui si tentò di porre rimedio tramite i decreti del duce di mobilitazione civile. L’economia di guerra fece esplodere contemporaneamente un fenomeno di rigidità nel mercato del lavoro italiano, pericolosamente carente di manodopera specializzata. I numerosi tentativi del ministero delle Corporazioni e dell’ex Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione di gestire l’esiguo numero dei lavoratori qualificati fallirono continuamente. Secondo le fonti ufficiali, nell’ottobre del 1942 il numero dei mobilitati raggiunse i due milioni e mezzo con oltre 180.000 precettati civili. Nel dicembre dello stesso anno i mobilitati superarono i cinque milioni. Tuttavia la mobilitazione non era avvenuta secondo gli ambiziosi progetti fascisti. Con il presente saggio si propone una ricostruzione ed una riflessione sulle diverse fasi e sulle evidenti contraddizioni della programmazione e della gestione della mobilitazione civile durante i primi tre anni della guerra.
Potere, società ed economia nel territorio della Rsi
di Massimo LegnaniPubblicato sul numero 213 di Italia Contemporanea, dicembre 1998
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Abstract: L’articolo discute due nodi storiografici fondamentali per la comprensione della vicenda della Rsi e degli interessi politici, economici e sociali che in essa si manifestano: la natura del conflitto tra "estremisti" e "moderati" e i caratteri della legge sulla socializzazione delle imprese del febbraio 1944. La contesa tra "estremisti" e "moderati" contraddistingue sia la fase di impianto del potere della Rsi sia quella successiva ed è l’espressione (in un contesto, fortemente condizionato dalla presenza tedesca, che non è più di spartizione del potere come nel Ventennio, ma di conquista) non del rapporto contraddittorio tra partito e Stato, ma di un ‘regolamento di conti’ all’interno dello stesso Pfr. Ciò si traduce, per la presenza di polizie parallele e i violenti scontri ad essa connessi, in una fortissima riduzione delle capacità operative della Repubblica di Salò. Dopo aver analizzato le diverse forme e gli esiti di questa contesa a livello locale e l’incapacità del centro di governarla, l’autore passa a considerare sommariamente l’evoluzione della situazione economica. Dal 1943 al 1945 si aggravano tutti i fenomeni negativi già ampiamente presenti dall’autunno 1942, cui si aggiungono i forti prelievi tedeschi e il reclutamento coatto. In questo quadro il progetto di socializzazione viene presentato come ripresa e svolgimento di quello corporativo nella tutela però del diritto di proprietà. L’idea che ne sta alla base (contrastata praticamente all’interno del Pfr da alcuni più accesi sindacalisti) è di far centro sulla conservazione della struttura produttiva e nel contempo dar spazio a una riorganizzazione tecnocratica del governo dell’economia. Essa non può che trovare concordi gli esponenti dell’industria e apre una prospettiva di riorganizzazione del corpo sociale che va ben oltre la congiuntura bellica e Salò. (p.r.)
Sul negazionismo
di Valentina PisantyPubblicato sul numero 212 di Italia Contemporanea, settembre 1998
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Abstract: I negazionisti sono un gruppo di presunti storici che sostengono che la Shoah sia la "grande impostura del ventesimo secolo" e che Auschwitz e le camere a gas naziste non siano altro che un’invenzione della propaganda sionista, volta ad estorcere ingenti riparazioni di guerra alla Germania sconfitta. Per sostenere tale tesi i negazionisti si avvalgono di un metodo molto particolare di lettura dei documenti storici, che prevede: a. l’analisi di una qualunque testimonianza che attesti l’esistenza dello sterminio, isolata però dalla rete probatoria in cui essa è inserita, allo scopo di renderla più vulnerabile agli attacchi; b. la ricerca spasmodica di tutte le piccole inesattezze che la testimonianza (in quanto prodotto della memoria umana) può contenere, con l’intento di ingigantire l’importanza di tali anomalie; c. la deduzione che se la testimonianza è sbagliata su un determinato punto, nulla garantisce che non lo sia anche nel suo complesso; d. la conclusione che le ‘sbavature’ riscontrate non sono casuali, ma fanno capo a una precisa volontà di manipolazione ideologica da parte di "certi ambienti del sionismo internazionale". Da quanto detto consegue che il negazionismo non è altro che il capitolo più aggiornato del vecchio mito della cospirazione ebraica per la conquista del mondo, la cui espressione più nota è costituita dai falsi Protocolli dei Savi Anziani di Sion.
La 'scoperta' di Antonio Gramsci. Le 'Lettere' e i 'Quaderni del carcere' nel dibattito italiano 1944-1952
di Giovanni D'AnnaPubblicato sul numero 211 di Italia Contemporanea, giugno 1998
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Abstract: Con questo lavoro si intende portare un contributo allo studio di quella che è la più importante operazione politico-culturale del dopoguerra. In particolare si cerca di ricostruire dapprima l’incessante opera di "divulgazione" della figura gramsciana che Palmiro Togliatti svolse sin dai primissimi giorni del suo rientro in patria, poi le vicende relative alla pubblicazione postuma degli scritti carcerari, infine la grande eco che essi ebbero fin dalla loro uscita nelle due grandi "famiglie" culturali, quella cattolica e quella liberale, alle prese con un autore che scompaginava gli schemi interpretativi della storia italiana. Nell’area cattolica Gramsci suscita, nelle componenti dossettiane e nei movimenti giovanili, un grande interesse, cui si contrappone l’ostracismo della "Civiltà Cattolica". La cultura laica invece oscilla tra la tentazione di fare di Gramsci un crociano di sinistra e il rifiuto, motivato con l’appartenenza del pensatore sardo ad una ideologia totalitaria e antidemocratica come quella comunista, in inevitabile simbiosi con l’atteggiamento di Benedetto Croce che passa dalle lodi tributate all’uscita delle Lettere alla chiusura totale manifestata durante la pubblicazione dei Quaderni. Si è volutamente solo accennato alle vicende relative ai rapporti tra Gramsci e Togliatti e la sinistra in generale, argomenti assai dibattuti nella nostra storiografia. La scoperta di Gramsci è un momento fondamentale del dialogo tra la cultura comunista, quella cattolica e quella liberale, un dialogo sempre presente nella storia dell’Italia repubblicana.
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