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I socialisti e le donne. Dalla “mobilitazione pacifista” alla smobilitazione postbellica di Maria Casalini pubblicato su Italia Contemporanea n. 222 , marzo 2001

Quali le conseguenze della prima guerra mondiale nella percezione delle differenze di genere nella mentalità collettiva? E in particolare quali i riflessi delle trasformazioni indotte dal conflitto nel messaggio dei socialisti alle donne? Questi i principali interrogativi a cui il saggio tenta di dare una risposta, mettendo innanzitutto in risalto la complessità della congiuntura bellica, che, lungi dal presentarsi come una scontata, univoca esperienza di "emancipazione" dai tradizionali ruoli femminili, rappresenta un momento di particolare complessità per quanto riguarda la dialettica delle relazioni di genere. Il linguaggio politico ne costituisce senza dubbio uno specchio esemplare, e l’approccio metodologico adottato si propone una decodifica, dietro gli slogan di facciata, dei suoi significati più profondi, svelando il rapporto spesso oppositivo che intercorre tra realtà e rappresentazione. In quest’ottica, una rivisitazione dell’universo socialista, attraverso uno spoglio della stampa di partito e in particolare dell’organo femminile "La Difesa delle lavoratrici" — la cui vicenda riveste un’importanza centrale —, offre l’occasione di verificare sia la "tenuta" dello stereotipo della "naturale" avversione delle donne verso le imprese militari di qualsiasi natura esse siano, che le sue evidenti smagliature nella pratica. Ma costituisce anche un ottimo punto di osservazione del processo di manipolazione dell’immagine delle differenze sessuali da parte del linguaggio socialista, che, con contenuti diversi di volta in volta — ora esaltando il valore della maternità, ora stigmatizzando lo "snaturamento" della femminilità operato dalla guerra — riflette la forte accelerazione impressa dalla congiuntura bellica a un latente conflitto all’interno della classe operaia.


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