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L'Africa nella "geopolitica" di Pio XI di Agostino Giovagnoli pubblicato su Italia Contemporanea n. 245 , dicembre 2006

Anche se buona parte della documentazione conservata nell’Archivio Segreto Vaticano (ASV) di fatto non è ancora consultabile, è possibile indicare alcuni tratti della “geopolitica” di Pio XI riguardo all’Africa, come gli indirizzi universalistici e romani già segnalati da Giuseppe Battelli. Come ha sottolineato Giovanni XXIII, uno degli interpreti più acuti del pontificato di Achille Ratti, proprio nei primi anni venti ha avuto inizio un’intensa ripresa dell’impegno missionario cattolico nel mondo, stimolato anche dalla percezione — seppure iniziale — di un declino della fede in terre di “antica cristianità”, e cioè in Europa. In questo contesto, Pio XI ha guardato all’Africa, sulla base della prospettiva postcoloniale già adottata in Cina da Benedetto XV e di un approccio scientifico “africanista”, abbandonando gradualmente il tradizionale senso della superiorità europea. Si colloca in tale contesto l’atteggiamento critico assunto da questo papa nei confronti della guerra fascista in Etiopia, sebbene l’espressione pubblica del suo dissenso sia rimasta piuttosto circoscritta. Ciò non impedì, però, che ne giungesse notizia anche negli Stati Uniti, suscitando le proteste della comunità italo-americana, come mostrano alcuni documenti inediti. Pio XI fu invece molto esplicito nella condanna della politica razziale del fascismo, come documentano ampiamente le carte conservate presso l’ASV. A differenza di quanto avvenne nei confronti dell’antisemitismo, infatti, la Santa Sede assunse contro il razzismo una posizione intransigente, sia per difendere le prerogative acquisite con il Concordato, sia per ribadire che l’universalità del cattolicesimo implica il riconoscimento della pari dignità degli esseri umani indipendentemente dalla loro “razza”.


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