Abstracts della rivista
Abstract del numero 246, marzo 2007
(Visualizza tutti gli articoli del numero)- MacGregor Knox "Totalità" e disintegrazione. Stato, partito e forze armate nella Germania nazionalsocialista e nell'Italia fascista pubblicato sul numero 246 di Italia contemporanea, marzo 2007 Abstract: Perché l'Italia fascista crollò senza difendersi dopo 230.000 morti, mentre la Germania nazionalsocialista combatté fino all'ultima cartuccia, perdendo il 10 per cento della popolazione? Questo saggio cerca di analizzare strutture dinamiche che portarono a risultati talmente divergenti. I partiti unici furono radicalmente dissimili nella coesione interna e nella potenza d'urto, e in Italia la monarchia garantiva una certa autonomia alle forze armate. Poi i disastri del 1940-1943 ruppero l'equilibrio tra dittatore, partito e forze armate, e il colpo di Stato divenne possibile. Hitler al contrario si fece capo dello Stato nel 1934 tramite un'intesa con un apparato militare che condivideva molti dei suoi obiettivi esterni, e percepiva l'ideologia nazista come garanzia dell'aggressività della truppa. In guerra il dittatore creò nelle Waffen-SS un fanatico esercito di partito, e prese di persona il comando dell'esercito stesso nel 1941-1942. Seguirono commissari politici, Himmler comandante dell'esercito territoriale, e una milizia di partito. Il successo culminante di Hitler come “coreografo” della catastrofe nazionale manifestò il grado di totalità conseguito dal regime. Le dinamiche che determinarono questi sviluppi comprendevano la notevole capacità economica e le vittorie iniziali della Germania: l'efficacia tattica, la furente energia annientatrice, e la miopia strategica della cultura militare tedesca; la rapidità e l'entità del riarmo e l'entusiasmo nazionalsocialista del nuovo esercito di massa; il fervore e l'intraprendenza del partito e delle SS; e il pronto consenso dell'esercito nel 1941 alla guerra di sterminio razziale-ideologica, che creò legami inscindibili di complicità fra regime, forze armate, e popolo tedesco. Nell'assenza di questi fattori, lo sforzo di guerra dell'Italia si esaurì pietosamente appena il terrore delle potenze occidentali prevalse sul terrore della Wehrmacht.
- Nicola Labanca L'impero del fascismo. Lo stato degli studi pubblicato sul numero 246 di Italia contemporanea, marzo 2007 Abstract: Il saggio mira a fornire una riflessione storiografica sull’Impero a lungo ricercato dal regime fascista e sugli studi che ad esso sono stati dedicati. L’esperienza imperiale del fascismo viene contestualizzata nel quadro internazionale degli imperi coloniali europei degli anni venti e trenta del Novecento. L’obiettivo è quello di far emergere le specificità dell’imperialismo di un regime espansionista, militarista e razzista, senza cadere in spiegazioni eccezionalistiche. L’autore propone di applicare anche alla storia dell’espansione coloniale del Ventennio la categoria di totalitarismo imperfetto. Soprattutto dimostra come confinare l’Impero nella ‘storia coloniale’ e isolare l’esperienza imperiale dal contesto più generale del regime fascista impedisce di comprendere sia la prima sia il secondo. Una buona prospettiva di analisi può rivelarsi invece quella di comprendere quanto di globale e quanto di locale contiene quell’esperienza imperiale, a partire dalla guerra d’aggressione all’Etiopia. Un’altra può mirare alla comprensione del carattere specificamente fascista che il regime volle dare alla guerra di conquista prima e alla gestione della colonia poi. In tale ottica l’adozione di una legislazione o decretazione razziale non appare secondaria. Riconsiderata da queste prospettive, la storia dell’impero come storia del regime (e non ‘solo’ come storia coloniale) permette una rilettura degli stessi studi defeliciani. Il saggio si conclude con una sottolineatura dell’avanzamento e del rinnovamento degli studi oggi disponibili rispetto anche solo a un decennio fa. Si tratta di studi non solo più numerosi ma soprattutto innovativi, la diffusione dei cui risultati purtroppo è sinora rimasta interna ad una ristretta cerchia di specialisti e non è stata né del tutto ‘acquisita’ dagli studi generali sul fascismo né sufficientemente divulgata presso l’opinione pubblica.
- Paul Corner
L'opinione popolare italiana di fronte alla guerra d'Etiopia
pubblicato sul numero 246 di Italia contemporanea, marzo 2007
Abstract:
Gli anni della conquista dell’Etiopia (1935-1936 ) sono spesso considerati come il culmine del consenso al regime fascista. In quest’articolo, concernente l’umore delle masse nell’Italia del tempo quale risulterebbe dagli archivi di polizia e di partito, si sostiene che, pur essendoci in taluni settori della società un indubbio consenso verso la guerra, in taluni altri settori si sarebbero invece nutriti forti dubbi e profonde diffidenze. Dal vaglio di avvenimenti quali la grande adunata nazionale del 2 ottobre 1935, alla vigilia dell’invasione, la Giornata della fede del dicembre 1935 e le reazioni nel paese a guerra finita, l’A. giunge alla conclusione che molta gente comune in Italia sarebbe rimasta tutt’altro che convinta da un imperialismo assolutamente incapace di mantenere le sue grandi promesse. Così, il tanto vantato “entusiasmo spontaneo” per la guerra sarebbe stato in buona parte fabbricato ad arte dallo stesso regime, con la gente costretta a inscenare la sua entusiastica partecipazione ai pubblici rituali imposti dall’alto, pur in molti casi dubitando che la guerra, la conquista dell’Etiopia e la conseguente rottura degli equilibri europei potessero arrecare duraturi benefici all’Italia e agli italiani. Diversamente dai tedeschi sotto Hitler, molti italiani sarebbero rimasti poco convinti della politica espansionistica del fascismo, trovando difficile credere che l’Impero potesse risolvere i problemi di un popolo più che altro angustiato dalle difficoltà della vita quotidiana.
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