Abstracts della rivista
Abstract del numero 252-253, settembre-dicembre 2008
(Visualizza tutti gli articoli del numero)- Neri Binazzi E' la lingua che ci fa diversi. La costruzione della devianza politica nelle schede toscane del Casellario politico centrale pubblicato sul numero 252-253 di Italia contemporanea, settembre-dicembre 2008 Abstract: Le schede del Casellario politico centrale, conservato nell’Archivio centrale dello Stato, costituiscono un’importante documentazione anche per individuare le caratteristiche della lingua burocratica di quasi un secolo fa. In particolare questo articolo cerca di capire in che modo, e fino a che punto, la lingua delle schede risponda ai principi dell’ufficialità e dell’uniformità, che vengono considerati elementi peculiari e distintivi di questa lingua settoriale. L’analisi, condotta su un piccolo campione di schedati toscani, si concentra soprattutto sul ‘profilo biografico’ dei diversi soggetti, osservando il modo in cui la scrittura rispetta il protocollo previsto già a fine Ottocento da precise disposizioni del ministero dell’Interno. A questo riguardo è possibile mettere in evidenza come un consolidato repertorio di clichés si affianchi a diffuse incertezze testuali e ortografiche imputabili a una diffusa incompetenza dell’italiano scritto. In questo senso la lingua ‘ufficiale’ delle schede risente in modo spesso rilevante del parlato; ciò si manifesta in modo particolare osservando la proliferazione lessicale degli aggettivi chiamati a esprimere i ‘connotati’ dei soggetti schedati. L’ultima parte dell’articolo si concentra sulle schede riguardanti le donne, e rileva una tendenza dei documenti a sottolineare il carattere subalterno della loro devianza politica. In conclusione, questa prima ricognizione linguistica sul Casellario mostra che le ‘infrazioni’ ai principi di uniformità e di ufficialità, dovute all’irruzione del parlato e al rispetto solo parziale del protocollo previsto, sono da valutare alla luce della funzione segnaletica dei documenti. L’obiettivo di delineare inequivocabilmente il carattere ‘sovversivo’ dei diversi soggetti porta insomma gli estensori delle schede a mettere in secondo piano il rispetto delle regole che guidano la stesura dei documenti burocratici.
- Mireno Berrettini
Set Italy ablaze. Lo Special Operations Executive e l'Italia 1940-1943
pubblicato sul numero 252-253 di Italia contemporanea, settembre-dicembre 2008
Abstract:
Lo Special Operations Executive fu un organismo creato dagli inglesi nella seconda guerra mondiale dopo la sconfitta della Francia e l’entrata in guerra dell’Italia (l’autorizzazione alla sua costituzione venne data da Churchill nel luglio del 1940) per guidare il movimento di resistenza antinazista e antifascista e le operazioni sovversive nell’Europa occupata dalle potenze dell’Asse. Esso agì coerentemente con questo obiettivo anche rispetto all’Italia, muovendosi su due piani interconnessi: il primo, operativo, consistente nell’invio nella penisola di agenti capaci di promuovere azioni di sabotaggio o sovversive, il secondo, spiccatamente politico, volto ad accelerare il crollo del regime fascista. Le difficoltà della Gran Bretagna a penetrare e operare in Italia e il fallimento della politica di reclutamento di agenti tra i Pow e gli enemy aliens italiani spiegano i modesti esiti dell’approccio operativo del Soe. D’altro canto, l’approccio "politico" ebbe risultati persino peggiori. Il Soe, mirando a favorire un’uscita soft dell’Italia dalla guerra, entrò in contatto con antifascisti in esilio come Emilio Lussu e con gli ambienti del Partito d’azione; con esponenti della "fronda" militare come Badoglio; con industriali antifascisti come Adriano Olivetti. In ogni caso, le sue relazioni con gli oppositori al regime vennero bloccate: prima da un vuoto di indicazioni politiche, poi dall’adozione da parte del War Cabinet della "linea dura" rispetto all’Italia, vale a dire di una chiusura totale a qualsiasi richiesta di patteggiamento per la pace, portata avanti più o meno esplicitamente dagli interlocutori italiani del Soe. A ciò si aggiunga che il Foreign Office riteneva troppo debole l’antifascismo politico italiano, poco credibile l’opposizione "istituzionale" al regime, e pericoloso rispetto agli alleati assumere nei loro confronti una condotta che potesse far sorgere anche il minimo dubbio sulla lealtà Britannica.
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