Comunicato: attacchi alla ricerca storica su foibe e confine orientale
È in corso una indegna gazzarra da parte di elementi di destra e di estrema destra che prende a spunto le celebrazioni del giorno del ricordo. Queste persone attaccano qualsiasi interpretazione che non accetti una vulgata che si rifiuta di prendere in considerazione la politica di snazionalizzazione portata avanti durante il ventennio nelle zone del confine orientale non per giustificare, ma per spiegare quanto successo dopo la caduta del fascismo e durante la costruzione dello stato comunista jugoslavo. Si vuole imporre una versione ufficiale della tragedia delle foibe e di quella successiva dell’esodo dei giuliano fiumano dalmati sotto forma di genocidio degli italiani e con impropri e assurdi confronti con la Shoah. Chiunque operi la necessaria contestualizzaione di quanto successo sa che gli italiani furono perseguitati o in quanto ex fascisti, o perché identificati con le classi egemoni, o in quanto si opponevano alla costruzione dello Stato comunista, e non in quanto italiani. L’anno scorso l’attacco era stato portato al vademecum elaborato dall’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea del Friuli-Venezia Giulia, di Trieste, un equilibrato documento di sintesi storiografica sulle acquisizioni di decenni di ricerca sul confine orientale, che metteva in discussione la tesi che la persecuzione degli italiani fosse motivata da una pulizia etnica.
Quest’anno sono stati attaccati singoli ricercatori accusati di negazionismo solo perché si rifiutano di cedere alla nuova vulgata nazionalista e filo fascista, e ora sotto accusa è la Regione Toscana per aver affidato all’’Istituto della Resistenza e dell’età contemporanea di Grosseto la politica della memoria, e quindi anche i viaggi sul confine orientale, sulla base di una pluriennale esperienza di ricerca e didattica di quell’istituto sul tema. Gli attacchi mirano a negare la legittimità degli Istituti della Resistenza e dell’età contemporanea a svolgere azione di ricerca storica e diffusione didattica sul confine orientale, sostenendo che essi sarebbero ideologicamente orientati.
È allora essenziale ribadire che la ricerca storiografica non può essere condizionata da verità ufficiali diffuse o imposte dallo Stato e dalle istituzioni; che la libertà di ricerca va fondata sull’onestà intellettuale, sulla contestualizzazione ampia degli eventi, sull’utilizzo critico di fonti verificabili; che da parte degli istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea non è mai stata negato che le foibe rappresentino un crimine, che si inquadra non soltanto in una reazione alle politiche di snazionalizzazione e oppressione messe in atto dal fascismo nei confronti delle minoranze slovene e croate, ma anche nei meccanismi violenti di costruzione dello Stato jugoslavo da parte di un regime comunista che perseguitava tutti coloro che si opponevano ai suoi progetti (e quindi non solo italiani, e quindi non solo fascisti).
In realtà dietro a questi attacchi si nasconde non solo la totale ignoranza degli eventi storici, l’utilizzazione di parole d’ordine scioviniste e nazionaliste, ma anche e soprattutto la rivalutazione del ventennio fascista e della figura di Mussolini.
L’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che è il capofila di 64 Istituti storici della Resistenza dell’età contemporanea diffusi su tutto il territorio nazionale, si oppone con forza a questa deriva filofascista e antidemocratica e, nel manifestare la propria vicinanza alle famiglie di tutti coloro che hanno dovuto soffrire per le tragedie consumatisi sul confine orientale, ribadisce il suo impegno per la libertà di ricerca storica al di fuori di vincoli e polemiche di carattere ideologico. Esprime solidarietà agli istituti e ai ricercatori che in questi giorni hanno ricevuto attacchi scomposti per il loro impegno per la verità e la correttezza storica.
Paolo Pezzino
Buonasera Dott. Pezzino, mi rivolgo a Lei, in quanto figlia di una ex ragazzina di Pola, venutasene in Italia nel 1947. Premetto di non voler entrare nelle commistioni ideologico-politiche, in quanto riguardano sì diverse persone da una parte o dall’altra … ma non me. Dando per assodato il fatto, che la dittatura fascista in quanto tale, ha reso da un certo punto in poi, ogni individuo lavoratore, ufficialmente ex fascista e considerando la recrudescenza del fascismo di confine, entro le categorie di italiani da Lei elencate, mi permetto di sottolinearle una mancante. Ovvero quegli Istriani e Dalmati, non ricoprenti incarichi nel fascismo e non attivi politicamente. Nella mia famiglia materna questa tipologia (che non annovero per alcune differenze fra una indefinita classe egemone), si divise in due scelte opposte. Un fratello (mio nonno) e la sua famiglia vollero rimanere italiani e scelsero questo salto nel buio, che fu l’esodo, mentre l’altro fratello rimase, non in quanto attivista comunista, ma per ragioni più semplici. Accudire I genitori anziani, mantenere la propria casa e … disse, che tanto, un giorno, tutto sarebbe ricambiato ancora. Bastava aspettare. La prego di prendere questo mio spaccato di vita, solo immaginando che lo sdegno di fronte alla strumentalizzazione, è diffuso molto oltre le fazioni, le quali non a tutti appartengono, anzi!
Elettra Páresi
Gentilissima, grazie della sua testimonianza. Molti di coloro che furono perseguitati non erano e non erano stati fascisti. Per essere considerati oppositori del progetto di costruzione dello Stato socialista bastava spesso essere titolati di anche di un piccolo esercizio commerciale, di una piccola attività economica autonoma. Senza considerare che tutti coloro che erano dipendenti dallo Stato italiano venivano considerati perciò stesso pericolosi oppositori politici. Gli storici hanno indagato nella complessità della persecuzione. E’ chi nega questa complessità per nascondersi dietro facili slogan che non fa un buon servizio alla memoria delle vittime. La saluto cordialmente. Paolo Pezzino
Ma Lei caro Pezzino, ha mai letto documenti croati, sloveni e italiani, che si trovano negli archivi di Koper-Capodistria e altri Archivi? Io li sto leggendo, e dire quello che dice, non corrisponde alla realtà storica! Lei evidentemente afferma cose, che ha letto per sentito dire ecc. Lo storico inglese Mc Smtih, scrisse in modo esemplare l’esodo Istriano, e cioè, quando gli Italiani (doc) hanno capito che sarebbero stati amministrati dai loro “SCIAVI” hanno preferito andarsene, perchè non potevano sopportare di dover ubbidire a chi per secoli è stato loro “SCIAVO” o comunque trattato come tale!!! E se lo ha capito un’inglese, mi meraviglio che Lei non l’abbia ancora capito!!!! Se desidera ho interessanti articoli di certo GUIDO MIGLIA, un’Istriano che viveva a Trieste, e che andò a visitare l’Istria negli anni 50 e fece (insieme ad altri ) una relazione a riguardo. In Istria da subito era rimasto ancora in uso anche solo la lingua italiana in tanti atti e poi cominciarono ad usare timbri bilingui, tutti gli uffici di Stato e comunali, dove era presente storicamente la comunità nazionale italiana!!!!A Trieste si usavano timbri italiani sotto il fascismo, sotto il Governo Militare e si usano tuttora!!!!! Eppure, noi avevamo combattuto (sloveni di Trieste) per essere in Slovenia, mica in Italia!!!! I morti di ogni paese, indicati dai monumenti, sono tutti morti affinchè Trieste e circondario fossero Slovenia, oppure un’amministrazione autonoma, ma come si vede…..sono morti INVANO!!!!! A questo non si pensa? Tanti sloveni se nè sono andati!!! Tanti sono rimasti, ma non abbiamo i diritti che hanno gli Italiani in Slovenia e subbiamo persecuzioni penali (indistintamente tutti), se osiamo richiedere l’uso della lingua protetta dal Trattato di Pace e oggi anche (molto meno) dalla Legge nr.38/2001!!!! Ma perchè nessun italiano studia cos’ha cdomportato l’arrivo degli Optanti a Trieste? Qualcuno si vuole dedicare anche al problema dei cittadini italiani di madrelingua slovena, che loro malgrado sono rimasti sotto Amministrazione italiana, che sta continuando a perseguitarli? Quanto dovremo ancora aspettare?
Cara Elletra, Lei non fa che dimostrare con la Sua Storia, che si poteva rimanere italiani in Istria, anche stando sotto il comunismo. Infattti, chi è rimasto, ha seguito la stessa identica strada all’attuale democrazia nelle singole Repubbliche, come l’hanno vissuta gli altri cittadini delle Federativa!!!!!! Con la differenza, che in Istria si è applicato il Trattato di Pace, nei confronti della comunità italiana (infatti, non viene nemmeno chiamata minoranza, ma COMUNITA’ NAZIONALE) mentre nella zona A e Gorizia, si è perseguitato gli sloveni da subito …dal 1945 e questo sta continuando anche nei giorni nostri!!! Lunedì 24.2.2020 al Tribunale di Trieste si svolegerà ennesimo procedimento penale nei confronti di cittadino italiano di madrelingua slovena, che volle parlare sloveno (seconda lingua ufficiale a Trieste) in Questura!!!! La poliziotta gli aveva risposto, che con lei doveva parlare italiano, oppure napoletano! Lui ha insistito e la poliziotta lo ha denunciato!!! La persecuzione dei sloveni italiani continua ancora, ma nessuno se nè interessa!!!!
Complimenti, continuate. Nonostante la violenza e la menzogna della feccia fascista, a mio parere, viene fuore con forza la verità storica, oggi più di prima!!
Condivido parola per parola il comunicato dell’Istituto Parri. Bisogna prendere atto che il giorno del ricordo si è ridotto a occasione di rivalutazione e di esaltazione del fascismo. Qualsiasi tentativo di contestualizzare gli avvenimenti è tacciato di “negazionismo”. Sempre più spesso le istituzioni (anche le scuole) si rifugiano in una sorta di “bilancismo” storico: se la sinistra commemora la shoah, siano i fascisti a commemorare le foibe. Quanto alla storia, alla consapevolezza del passato, alla ricerca critica non sono cose che le riguardino; e sarà bene che anche i cittadini (questo è il messaggio) non gli diano troppa importanza.
Adolfo Turbanti
Ottimo. Ma è evidente che la storia dovrebbe trovare soprattutto nelle sedi opportune un posto privilegiato. La scuola.
Ottimo articolo.
D’accordo sulla libertà di ricerca storica; ma proprio per questo non mi sembra accettabile negare legittimità e bollare come ‘di estrema destra’ o addirittura di neofascismo coloro che non condividono le idee degli Istituti Storici della Resistenza, che nella maggior parte dei casi sono stati fino a pochi decenni fa complici del silenzio su eventi gravissimi come foibe e pulizia etnica (e che questa sia avvenuta nei confronti degli italiani in quanto tali è difficilmente negabile)…
Quelle esposte non sono idee, ma storia.
Complici del silenzio?
Le consiglio:Colummi Ferrari Nassisi Trani Storia Di Un Esodo Istria 1945-56
Il libro è del 1980 edito dall’istituto di Trieste.
Buona lettura e attendo un suo commento.
Il silenzio, a sinistra, almeno a livello nazionale, è stato in effetti molto lungo, basta cercare la parola “foibe” sull’archivio de L’Unità: dopo un cenno minimizzante nel 1946 bisogna aspettare il 1986 perché la parola ricompaia nell’edizione nazionale.
Però tra i primi a parlarne furono proprio gli Istituti di Storia del Movimento di Liberazione.
Ricordo il Convegno “Trieste 1941-1947″organizzato dall’Istituto Gramsci, allora retto da Petronio, a Trieste, in cui intervenne Galliano Fogar (L’Unità 19/11/1986) che ricordò “Tra le vittime vi sono anche Innocenti, esponenti di partiti democratici (…)”. Galliano Fogar è stato tra i fondatori della “Deputazione regionale per la storia del movimento di liberazione italiano nella Venezia Giulia”, poi IRSML-FVG, già durante l’occupazione alleata di Trieste. Diversi tra i fondatori erano di area azionista, non comunista, e a Trieste si opposero alla volontà annessionista della Jugoslavia. Mi pare che se i silenzi ci sono stati, non sono da imputare agli Istituti. I silenzi però, indubbiamente, ci sono stati.
Totale solidarietà. Livio Sirovich.
A livello storiografico ci può essere un dibattito con elementi critici anche nei confronti della parte giusta, cioè della parte antifascista, ovvero in questo caso della Resistenza jugoslava. Ciò che è assolutamente inaccettabile è il carattere celebrativo che si è dato al ricordo di questa vicenda, il carattere di solennità civile nazionale del “giorno del ricordo” istituito con la legge 92/2004: questa non è storia ma è politica. Politica che riscrive la storia rovesciando le parti (facendo passare la Resistenza jugoslava per carnefice e il fascismo per vittima) e punta a riconsiderare il fascismo. Non si nega la vicenda delle foibe ma non si può presentarla come secondo la legge 92/2004. Bene fece l’ANPI ad aprile 2015 a chiederne almeno la temporanea sospensione di questa legge.
A livello storiografico ci può essere un dibattito con elementi critici anche nei confronti della parte giusta, cioè della parte antifascista, ovvero in questo caso della Resistenza jugoslava. Ciò che è assolutamente inaccettabile è il carattere celebrativo che si è dato al ricordo di questa vicenda, il carattere di solennità civile nazionale del “giorno del ricordo” istituito con la legge 92/2004: questa non è storia ma è politica. Politica che riscrive la storia rovesciando le parti (facendo passare la Resistenza jugoslava per carnefice e il fascismo per vittima) e punta a riconsiderare il fascismo. Non si nega la vicenda delle foibe ma non si può presentarla come secondo la legge 92/2004. Bene fece l’ANPI ad aprile 2015 a chiedere almeno la temporanea sospensione di questa legge.
Qualsiasi attacco alla ricerca storica e negativo, bisogna ricercare analizzare,studiare le vere fonti storiche.
Il chiodo della STORIA è duro da piantare.
Non possiamo lasciare
al revisionismo fascionazzista il capitolo “foibe” circoscritto e narrato a loro piacimento…Non possiamo permettere
che i fatti e misfatti commessi nel periodo 1919-1957 in
quei territori siano
INFOIBATI.
Dobbiamo CONOSCRERE.
SERVIRÀ una azione congiunta degli ISTITUTI STORICI DEI PAESI INTETESSATI PER
SCRIVERE PAGINE NON SCRITTE.
CORAGGIO,TANTO CORAGGIO…È L’ORA!
Che ne pensa delle parole di Pierluigi Battista sul Corriere?
https://www.corriere.it/opinioni/20_febbraio_16/foibe-reticenza-negazionisti-96e43d16-50f4-11ea-a691-847c284ba0e7.shtml
” è chiara la pulizia etnica che colpì gli italiani in quanto italiani, fascisti, antifascisti, solo italiani. […] Dicono, imbarazzati, come se fosse un’attenuante: ma la violenza snazionalizzatrice del fascismo, la repressione degli slavi, le umiliazioni e le violenze? Certo, ma non fu quella la specificità dell’infoibamento di massa lungo il confine orientale, geografico ma anche politico. Chissà perché i reticenti negazionisti non si chiedono come mai orrori paragonabili a quelli delle foibe non si verificarono in Sud Tirolo”
Le responsabilità non sono solo fasciste. Cosa ci si poteva aspettare, d’altronde, dai fascisti o da certa destra sovranista? Il problema, semmai, è quando certa sinistra irresponsabile cerca per forza una “memoria condivisa”, che non esiste, strizza l’occhio ai “ragazzi di Salò” o peggio ancora vota una mozione che equipara nazifascismo a comunismo, come ha scelto di fare recentemente il PD al Parlamento europeo (a eccezione di qualche significativa “retromarcia”).
Nel merito, è davvero allucinante non poter ricostruire la storia che precede le Foibe e l’esodo senza incorrere in accuse di negazionismo, ma anche le Istituzioni ci hanno messo il loro carico (con troppa facilità alcuni hanno parlato di “pulizia etnica”, ad esempio)
In Jugoslavia non si è trattato solo di “snazionalizzazione” o di “repressione”, ma di veri crimini efferati, di stragi, di stupri, di campi di concentramento e di sterminio.
Nel 1939 i fascisti della Venezia Giulia realizzarono un censimento segreto della popolazione dei territori annessi vent’anni prima: ci vivevano 607.000 persone, cioè 265.000 italiani e 342.000 slavi a cui erano state vietato l’uso della lingua, chiuse le scuole, cambiati i cognomi e proibite persino le iscrizioni nelle tombe.
Nell’aprile del 1941 l’Italia fascista, dopo l’insuccesso della campagna di Grecia, assieme alla Germania nazista, alla Bulgaria e all’Ungheria, aggredì la Jugoslavia, mi risulta senza dichiarazione di guerra. In breve tempo l’Italia incorporò nel suo territorio vaste regioni della Slovenia e della Croazia, l’intero Montenegro e il Kossovo: un totale di 500.000 persone che si aggiunsero a quelle dei territori conquistati con la Prima guerra mondiale.
Da allora iniziarono le violenze ai civili, sollecitate dalle gerarchie militari, in particolare dal generale Roatta e dal prefetto Temistocle Testa, anche per stroncare la lotta partigiana di coloro che non si piegarono all’occupazione. Decine di villaggi furono incendiati, migliaia di persone fucilate, decine di migliaia deportate nei campi di concentramento, il più tristemente famoso nell’isola di Arbe, diretto dal tenente colonnello dei carabinieri Vincenzo Cuiuli, dove perirono per fame migliaia di donne, vecchi e bambini. Si calcola che di questi deportati persero la vita almeno 16.000.
Dall’ottobre del 1943 l’Istria, la Dalmazia, la Venezia Giulia furono occupate dai tedeschi, gli “alleati” dei fascisti di Salò, diventando la «Zona del Litorale Adriatico», sotto la diretta sovranità del III Reich. In questo territorio, a Trieste, fu istituito l’unico campo di sterminio, “Risiera di San Sabba”, dove furono trucidate 5.000 persone, in gran parte slavi (senza considerare la perdita dei territori conquistati con la Grande Guerra, che ora diventavano tedeschi, motivo per cui i fascisti non dovrebbero festeggiare il 4 novembre).
Quanti furono complessivamente gli slavi uccisi a seguito dell’occupazione italiana? Secondo lo storico Predrag Matvejevic, scrittore di Mostar e docente all’Università “La Sapienza” di Roma, che non si può certo definire comunista, “Le camicie nere fasciste portarono a termine fucilazioni individuali e di massa. Fu falciata un’intera gioventù. I dati che provengono da fonti jugoslave fanno riferimento a circa 200.000 uccisi, particolarmente sulle coste e sulle isole. La cifra mi sembra che sia però ingrandita – ma anche se solo un quarto rispecchiasse la realtà, sarebbe già molto”. (da un articolo di P.M. del 2005, in occasione della Giornata del Ricordo). Vogliamo dire almeno 100.000? Sarebbe sufficiente dare uno sguardo a Wikipedia sui morti della Seconda guerra mondiale e fare un confronto fra il numero delle vittime civili italiani con le slave per comprendere le sofferenze di quel popolo che la guerra non l’ha dichiarata a nessuno, ma l’ha subìta.
I corpi estratti dalle Foibe in Istria e a Kras sono, finora, circa 600, come sostiene lo storico triestino Galliano Fogar.
Si stima che altri italiani perirono nei campi di concentramento slavi o durante le marce forzate, cioè circa 5.000 (secondo lo storico di orientamento cattolico Raul Pupo) o 6.000 (a parere dello storico italiano Diego De Castro).
Infine, visto che i titini (che peraltro erano stati sostenuti dagli inglesi) si sbarazzarono di coloro che si opponevano alla creazione di uno Stato comunista (come è scritto sopra), mi chiedo Professor Pezzino: quale tipo di stato poteva uscire da una Jugoslavia smembrata dopo un’aggressione violentissima e dopo che per anni c’era stata una guerra di “tutti contro tutti”, uno stato dei cetnici? Uno degli ustascia?
Pierluigi Battista Sul Corriere della Sera sostiene che quella titina fu realmente “pulizia etnica” scagliandosi contro parte della cultura di sinistra accusandola di reticenza negazionista. Secondo Battista la snazionalizzazione e la repressione fascista contro gli slavi NON costituisce la specificità dell’infoibamento. A me non convince.
Può darci un parere Prof. PEZZINO ?
https://www.corriere.it/opinioni/20_febbraio_16/foibe-reticenza-negazionisti-96e43d16-50f4-11ea-a691-847c284ba0e7.shtml
Dimenticavo di dire che tale editoriale è stato poi ripreso anche dalla “Nuova Rivista Storica”.
Quindi pulizia etnica sì o no? Possibile che ci siano queste prese di posizioni anti-storiche persino da parte di una rivista prestigiosa? Prof. PEZZINO può darci un parere il più imparziale possibile?
http://www.nuovarivistastorica.it/?p=9591
Avendo condiviso con il professor Pezzino e con la rete degli Istituti storici della Resistenza l’impegno finalizzato a studiare, far conoscere e insegnare nelle scuola la difficile storia del confine, credo naturale rifiutare ogni tipo di politicizzazione. La legge 92/2004 può essere discussa in qualche sua parte, ma è poi divenuta un’opportunità, per chi crede che le memorie non possano sostituire la storia. Non è invocando le ragioni degli slavi o quelle degli italiani, aumentando o diminuendo le stime del numero delle vittime e degli esuli che si fa un buon servizio alla conoscenza storica. Il professor Pezzino è intervenuto per contestare un intervento politico gravemente offensivo nei confronti di progetti, che la Regione Toscana e gli istituti associati al Parri stanno facendo fin dal 2005 (ma molto, come è stato ricordato, era già stato fatto prima, seppure da storici e istituti dell’area del Friuli-Venezia Giulia). In questi progetti la conoscenza storica è la chiave, il dialogo fra culture parte integrante del percorso, che interpreta i valori della Costituzione. La distinzione fra storie diverse (non accostiamo confondendoli fenomeni diversi, come le violenze sul confine e l’esodo da un lato, la deportazione politica e razziale dall’altro) è indispensabile. Non basta invocare i diritti umani e pensare di offrire un risarcimento a tutte le vittime con la memoria. La conoscenza approfondita di storie non facili (è vero, a lungo taciute, anche per una sorta di patto fra le diplomazie), può agevolmente dimostrare che la categoria di “pulizia etnica” è inapplicabile nel caso di foibe ed esodo.
La “contestualizzazione”, che ha sostituito il termine sgradevole “negazionismo” sottolinea che le tragedie che anno colpito gli italiani di Venezia Giulia, Istria, Dalmazia Fiume vanno “contestualizzate” e poste in relazione con la politica dell’Italia fascista in quei territori di confine. Trovo che sia storicamente giusto, ma la contestualizzazione non deve fermarsi al ventennio, ma far riferimento ad un periodo ben più lungo in cui l’ostilità dei popoli slavi nei confronti degli italiani si manifestò con la complicità dell’Impero Austro Ungarico prima e del Regno di Jugoslavia poi, non per 20 anni ma per un secolo.
https://www.studiober.com/wp-content/uploads/2019/11/1-Antefatti-Il-dominio-Austro-Ungarico.pdf
Le foibe ci sono state,spero che anche quest’anno il 10 Febbraio ,come i precedenti ,il nostro presidente Sergio Mattarella le ricordi.
https://www.repubblica.it/politica/2021/02/10/news/mattarella_foibe_giorno_del_ricordo-286874552/
E semplicemente vergognoso e serve com sempre a coprire le stragi comuniste e i crimini commessi dai partigiani dare la colpa al fascismo , finita la guerra i partigiani ti sparavano in testa agli angoli delle strade , donne vecchi bambini solo perchè avevano la tessera fascista senza la quale non ti davano il pane , ragazze stuprate ruberie da briganti .
Ogni morto attribuibile a un fascista equivale a 1 per ogni 10000 fatto da comunisti . e storia
Gentilissimo,
l’Istituto nazionale è tra i soggetti che più di ogni altro hanno contribuito a restituire un quadro oggettivo e analitico delle vicende dell’Alto Adriatico nel periodo della Seconda guerra mondiale (e non solo). Le accuse di essere parziali ci sembrano dunque fuori luogo. Legga bene il testo (e non solo il titolo) e forse potrà capirne lo spirito e il senso.
Quanto alle cifre che da sul rapporto tra violenze fasciste e comuniste, possiamo molto volentieri suggerirle qualche testo per approfondire e correggere le sue valutazioni, che sulla base della storiografia risultano quanto mai errate.
Con molta cordialità